L’attrice Sonia Bergamasco, dopo dieci minuti di applausi, lascia il palcoscenico, nella splendida cornice del teatro grande di Pompei. Spettacolo inquietante in cui la simbologia classica si fonde con la modernità tecnologica, un’immersione di emozioni, di suggestioni profonde la cui bellezza cattura lo spettatore.
La voce narrante della sacerdotessa Cassandra sintonizza i diversi linguaggi che si intrecciano, si oppongono, armonizzano, accompagnano il ritmo della narrazione, accolgono il corpo esile e delicato della protagonista. Cassandra, condannata da Apollo ad essere infelice e inascoltata, come narra la mitologia, per aver rifiutato l’amore del dio delle muse, appare sulla scena vestita di nero, si muove sulla scena tra figure di serpenti cobra di diverse dimensioni, raddoppiati dalle loro ombre, simbolo del male diffuso tra gli uomini, suoi ispiratori onirici. In questo ambiente evanescente, Cassandra risorge dalla terra, le sue membra provenienti da ogni dove, si ricompongono, il corpo melmoso e sporco per quante sono le volte che è risorta a preannunciare imminenti disgrazie, mai ascoltate. I tempi della narrazione si susseguono con il ticchettio dell’orologio, le luci e il ritmo dei suoni mutano, trasmettono messaggi e suggestioni. Cassandra è il serpente che muta la sua pelle si spoglia dei suoi vestiti che cambiano colore, dal nero lugubre e solenne al rosso luccicante come il sangue dei giovani troiani morti, trafitti dalle armi degli Achei, come lei stessa aveva profetizzato, invano; dal rosso al blu della modernità decadente, del nichilismo del XX secolo. Ad ogni passaggio di eventi nefasti da lei narrati con voce di biasimo, il male soccombe al bene, la voce diventa più dolce, suadente, le musiche di sottofondo accompagnano il suo canto melodioso e l’armonia ritorna a regnare. Lei si adagia accanto al cobra, si assopisce fin quando non risorge nuovamente, spinta da un’altra profezia, sibilata nell’orecchio dal serpente. Ora il suo vestito è verde, Cassandra partecipa alle vicende della natura, muove le sue braccia come rami di un albero, il corpo come un tronco smosso dal vento. Sullo sfondo, dove la sua persona è proiettata e, con una vanga, continuamente smuove la terra, s’innalza il fumo nero dei gas inquinanti, il rumore assordante dei motori, il pianto di un bambino, massi che rotolano dai pendii, la catastrofe ecologia diventa visibile attraverso la fusione  di immagini, suoni, luci. La voce narrante esprime rabbia, denuncia sociale rivolta ai tanti Agamennoni della politica e agli umani che distruggono la terra, L’ultima metamorfosi, il suo vestito è bianco, colore della purezza originale, l’appello accorato di Cassandra che invoca tutti ad ascoltarla, di agire insieme, tutto è uno, per salvare il pianeta e liberare finalmente la sua anima dalla terra che la rende impura, folle, puttana, per congiungersi all’infinito amore verso il cielo.

Tommasina La Rocca.