Ha debuttato il 10 luglio al Complesso Monumentale del Belvedere di San Leucio Alessio Boni con “L’uomo che oscurò il Re Sole”, per la regia di Francesco Niccolini, anche autore del testo. Scenografia molto spoglia, consistente in una sola alta scala situata in fondo al palco, un leggio e due potenti fari puntati uno sull’attore, l’altro sul musicista, Alessandro Quarta, che scandisce efficacemente con le note del suo violino e del suo pianoforte il monologo portato in scena e i suoi cambi di tono. La performance è quella di un cantastorie magnetico e granitico che, per un’ora e mezzo ininterrotta, dal centro del palco, ci parla di Molière, della sua vita, delle sue avventure e disavventure e che, con la sola potenza della sua presenza scenica e della sua voce, così duttile nel passare con estrema disinvoltura da un imperioso tragico a un tono da favola della buona notte in modo altrettanto riuscito, rapisce l’attenzione del pubblico. Il minimalismo della scenografia costringe lo spettatore a concentrarsi sulla parola, sul racconto nudo e crudo: è funzionale all’ascolto, alla creazione di un’atmosfera intima. Molière diventa nel racconto l’emblema della libertà assoluta dell’attore e del drammaturgo che, a dispetto di tutto, decide di dire nelle sue opere la verità e di seguire la verità anche nella sua vita di uomo, delineando una nobile coerenza tra scrittura e esistenza dello scrittore. L’autore è figlio di un agiato tappezziere, che serviva addirittura il Re di Francia, ma diventa artista; nasce balbuziente, ma diventa attore e drammaturgo che porta le sue opere fino al Palais Royal; è osteggiato dalla società tutta, indispettita per l’immagine ridicola che di essa trapela dalle sue commedie, ma continua con determinazione a dipingere a tinte vivissime il lato comico e grottesco di Parigi e della corte reale, non astenendosi neanche dal colpire preti e medici. Studia dapprima legge, poi si dedica anima e corpo al teatro, nutrendo una particolare passione per i comici italiani della scuola di Tiberio Fiorilli, direttore della compagnia “Comedie Italienne”, che si esibiva all’ Hotel de Bourgogne, e inventore della maschera di “Scaramuche”. Molière riprende lo spirito dei comici italiani e lo mette nelle sue commedie taglienti che si dimostrano impietose, scatenando tante risate, perfino nel Re Sole, quanto fastidi, stizza e continue pubbliche accuse. Neanche la sua vita sentimentale gli dà la pace: dapprima intrattiene una relazione con la famosa attrice Madeleine Bejàrt e poi ne sposa la figlia, Armande, che ama con tutto il cuore, sopportandone finanche i ripetuti tradimenti e la freddezza. Tutto sembra delineare un quadro di solitudine, conseguenza quasi necessaria dell’insopprimibile istinto dell’artista di raccontare la verità. Molière vive la tragedia nella sua vita, ma attraverso l’arte la rende benzina per commedie luminose. Nel testo calibratissimo e potente di Niccolini, l’autore francese diventa il simbolo dell’immortalità della parola artistica e del suo coraggio.
Antonia De Vivo