COMMEDIA IN UN ATTO E FINALE APERTO DI THORNTON WILDER
TRADUZIONE E ADATTAMENTO DIANNA PICKENS, RICCARDO CANESSA
REGIA RICCARDO CANESSA
CON ROBERTA ASTUTI, LUCIA ROCCO, LEONA PELESKOVA, YURI NAPOLI, SERGIO BASILE
CON LA PARTECIPAZIONE STRAORDINARIA DI RAINA KABAIVANSKA
SCENE, COSTUMI E VIDEOPROIEZIONI ALFREDO TROISI
LUCI NUNZIO PERRELLA
PIANOFORTE MAURIZIO IACCARINO
PRODUZIONE FAST FORWARD

DATE 19 GIUGNO (ORE 20.00), 20 GIUGNO (ORE 19.00)
LUOGO TEATRO NUOVO
DURATA 1H 10MIN
LINGUA ITALIANO

«La cosa che dovete sapere di me adesso è che sto scrivendo un’opera teatrale bellissima e commovente su di una vedova americana a Capri e Dario Stavelli, un avventuriero. Non mi è mai stato così facile scrivere. Giorno per giorno, mi metto seduto e questo dialogo toccante fluisce dalla mia penna. Si chiama Villa Rhabani. Ho trascritto l’intera baia di Napoli in un’opera teatrale ben costruita e intima». Con queste parole Thornton Wilder scriveva alla famiglia di questo nuovo testo, tuttora inedito e scoperto di recente grazie a un’appassionata studiosa di Wilder, Dianna Pickens. La lettera di Wilder è datata ottobre 1920: l’autore ventitreenne, dopo la laurea a Yale e prima di partire per Roma per gli studi di latino, stava trascorrendo un periodo di vacanza a Sorrento, località dalla quale si spostava per ammirare le bellezze di Napoli e di Capri. Ed è proprio a Capri che è ambientato questo testo che sarà messo in scena al Festival da Riccardo Canessa. «I cinque personaggi – afferma il regista – si muovono in un intreccio nebuloso e immaginifico che ruota intorno alla figura di Helen Darral, una giovane e ricca americana, probabilmente affetta da un male incurabile. C’è l’affettuosa e interessata governante, il dottore sempre al riparo del suo dovere professionale, il giovane spiantato seduttore di ricche straniere, e la sua amante, prima complice poi sorprendentemente gelosa. Il vero connotato teatrale di questo lavoro – che lascia intuire la splendida e innovativa carriera dello scrittore, culminata in ben tre Premi Pulitzer – è che l’apparente semplicità della storia lascia alla regia, e di conseguenza allo spettatore, la possibilità di un “finale aperto”: le ultime pagine, infatti, autorizzano la massima autonomia creativa, in un meccanismo teatrale basato sul rapporto “reale” fra palcoscenico e platea, che tanto ha caratterizzato la produzione di Wilder».

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