DI GIAN MARIA CERVO, LIBERAMENTE TRATTO DALL’OMONIMO SAGGIO DI VIRGINIA WOOLF
REGIA DI ALESSIO PIZZECH
ATTORI MARIANELLA BARGILLI, ROSARIO MINARDI
SCENE RICHARD GARGIULO
LUCI RICHARD GARGIULO
COSTUMI DIEGO FIORINI
MUSICHE MARIO INCUDINE
PRODUZIONE ASSOCIAZIONE CULTURALE PROGETTO TEATRANDO
IN COLLABORAZIONE CON COMUNE DI CECINA – TEATRO EDUARDO DE FILIPPO
CAPODIMONTE – CORTILE DELLA REGGIA (PORTA GRANDE)
6, 7 LUGLIO ORE 21.00 DURATA 1H DEBUTTO
Ecco cosa scrive Gian Maria Cervo / drammaturgo
Credo che Virginia Woolf sia molto più divertente di come la pensiamo. E credo quindi che solo un qualche elemento di stupidità (quasi ai confini con l’irritazione) possa, in questa stupida epoca, restituirne il divertimento e la forza distruttiva e allo stesso tempo far provare nostalgia per l’immensa intelligenza dell’autrice. Riscrivendo il suo fenomenale saggio Una stanza tutta per sé per la scena il rischio di fare il monumento del monumento è fortissimo. Di sicuro non vorrò ridurre l’opera della Woolf a un quadruccio per individualità definita o a un saggetto su temi di genere. E quindi, per citare la stessa Virginia, potrò anche chiamare quest’opera “melone, ananas, ulivo, smeraldo e volpe nella neve”, ma essa non dovrà essere un frutto dell’esperienza, dovrà essere un’esperienza. Per questo chiederò aiuto a tre drammaturghe guest (che nominerò solo quando avrò la forza di nominarle e solo quando sentirò che anche loro avranno scelto me) e per questo la creatura che nascerà sarà un mash-up tra Oxbridge e Napoli -Virginia Woolf soggiornò al Grand Hotel Parker’s di Napoli e anche io proverò ad abitare lì per un paio di giorni. Di certo stimolerà questo viaggio verso l’ignoto il fatto di lavorare con due attori che stimo ma non ho mai conosciuto personalmente e con un regista che invece conosco molto bene.
Ecco cosa scrive Alessio Pizzech / regista
Ricostruire il plot dello spettacolo non è possibile in queste ore in cui una nuova creatura come un testo nuovo per la scena, prende forma. Parlare di cosa sarà questa pièce diventa operazione pretestuosa e voler tratteggiare un plot parlando di un trattato come UNA STANZA TUTTA PER SÉ che la Woolf dedica proprio a contrastare l’idea del plot, sarebbe sbagliato e riduttivo. Più facile è dire oggi perché scrivere sulla Woolf: per avere padri intellettuali, per andare a fare domande che siano importanti per il nostro tempo. So per certo che ci troveremo di fronte ad una grande domande che rivolgeremo a Virginia Woolf ed in tal senso lo spettacolo non vorrà essere comodo ma capace di portarci nelle pieghe di una leggerezza ricca di spunti per il tempo che attraversiamo proprio in questo complesso tempo pieno di contraddizioni talora non leggibili ecco che mi pare coraggioso tornare alla drammaturgia, al testo, alla voce dei drammaturghi che ci aiutano a confrontare il particolare con l’universale, la letteratura con la vita e a pensare al scena nello stupore incerto e meraviglioso del suo divenire gesto e parola incarnata dall’attore.
Una stanza tutta per sé sicuramente nel suo titolo vuole non essere per sé o nel suo appartener-si, vuole diventare una creazione aperta al pubblico che ci appartenga, dove ritrovare la nostra intelligenza, lontano dai rumori della stupidità e della superficialità.
Una stanza tutta per sé vuole essere un ritorno al valore dell’intelligenza che si riappropria del tempo e dello spazio, con un sorriso divertito e distante verso tante miserie umane.