testo e regia Oriza Hirata
durata: 1h 45m | Paese: Giappone | Lingue: giapponese con sottotitoli in italiano
Museo di Capodimonte (Salone delle Teste) – 01-02-03/07/2011, 18:30
produzione Seinendan Theatre Company
con il sostegno di Agency for Cultural Affairs
in collaborazione con Santarcangelo 41.Festival Internazionale del Teatro in Piazza e con la collaborazione di Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Napoletano
Scritto nel 1994, Tokyo Notes è uno dei testi più interessanti del giapponese Oriza Hirata, autore di una trentina di drammi, ma anche regista, teorico del teatro e direttore della compagnia Seinendan (1983). L’opera ha ottenuto numerosi premi, è stata tradotta in nove lingue ed è stata messa in scena sia nei teatri che nelle gallerie d’arte di diverse città del mondo. Tokyo Notes è un testo innovativo per il teatro giapponese, un teatro solitamente caratterizzato da avvenimenti violenti, spettacolari e lunghi discorsi. Hirata invece, profondamente influenzato dal teatro occidentale, sceglie di portare in scena un dramma in cui non accade nulla, in cui è la quotidianità (dei gesti, delle azioni, del linguaggio) ad essere protagonista.
L’azione si svolge in un futuro prossimo a Tokyo. Dall’altra parte del mondo, l’Europa è dilaniata da una guerra civile. Per salvare il patrimonio artistico occi- dentale, molti quadri vengono portati in Giappone. Ed è in una galleria d’arte che ospita una mostra su Vermeer che è ambientata la vicenda. I venti personaggi che la popolano si incrociano per evocare la loro quotidianità, fatta di storie di coppia, famiglia, futuro. Non esiste un intreccio ma piuttosto una sequenza di istantanee, di scatti fotografici. I dialoghi si basano su un’economia linguistica fatta di parsimonia di parole, una lingua ellittica che caratterizza il teatro di Oriza Hirata e che talvolta è stata paragonata alla poesia haïkaï. Con le sue tante storie che formicolano sulla scena, Tokyo Notes colpisce per la capacità di cogliere la vita pur lasciandola scorrere, per il suo modo di esprimere l’essenziale fingendo di non parlare di niente. In questo emerge la grande innovazione drammaturgica di Hirata: fondere la cultura tradizionale giapponese con i tratti della modernità occidentale.