Still Life per la Darsena Acton di Napoli
di Roberto Andò
da Anna Maria Ortese, Raffaele Viviani, Alberto Arbasino, Josif Brodskij, Diego de Silva, Paul Klee, Georges Perec e Vincenzo Pirrotta
regia Roberto Andò
Paese: Italia | Lingue: italiano
Darsena Acton – 20-21-22/06/2008 e 25-26-27-28-29/06/2008
progetto del Napoli Teatro Festival Italia
produzione Napoli Teatro Festival Italia
in coproduzione con Cooperativa Gli Ipocriti
Sullo spettacolo di Roberto Andò incombe il fantasma di un tema, l’emigrazione, che l’autore coglie nel «sentimento di una colossale dimenticanza, di una lacuna incolmabile», nella dispersione, l’esilio, lo spaesamento derivante dal non possedere più un luogo. Andò propone l’idea di un teatro che preferisce l’azione alla narrazione per ragioni che hanno a che fare con «con lo stato catastrofico del sud, con la sua odierna – caparbia – resistenza ad un uso meramente narrativo, per inadeguatezza, oggettiva impossibilità». L’azione è un unico paesaggio o un’installazione, suddivisi in tre stazioni dotate di un universo sonoro particolare: il pubblico accede di volta in volta a ciascun paesaggio seguendo un disegno obbligato. I protagonisti dell’azione sono uomini e donne in fuga, sul punto d’imbarcarsi per un viaggio di sola andata. Luogo scelto per l’azione è la Darsena Acton, spazio del porto di Napoli oggi chiuso al pubblico, perché sede della Marina militare, e aperto per l’occasione. Andò affida lo spettatore ad una voce che riflette l’identità civile di questo paese, Anna Maria Ortese, capace di «incidere per noi veri e propri paesaggi morali proteggendoci dalla loro supposta irredimibilità». Voce segretamente annodata a quelle di Georges Perec, Alberto Arbasino, Josif Brodskij, Diego de Silva, Paul Klee e Vincenzo Pirrotta. La drammaturgia di Scalo Marittimo di Raffaele Viviani, creazione dei primi del Novecento sul tema fantasma dell’emigrazione, offre all’autore la chiave per disegnare un luogo del destino dove convergono voci di vivi e di morti, depurato da preoccupazioni narrative e trasformato in paesaggio, profilo morale, natura morta, still life.
La scelta di una voce narrante come quella della Ortese, incorporata in personaggi femminili che nel testo raccontano la città, tradisce un rapporto sotterraneo e privilegiato della femminilità con l’idea di natura morta?
Credo proprio che la donna, attraverso la sua parola e il suo sguardo, riveli una capacità visionaria e profetica unica. Volevo che fosse una voce femminile a tenere il filo, per questa capacità singolare della donna di contemplare se stessa, le proprie ferite. Così la lucidità borghese della Ortese, la sua voce esatta di donna borghese, esprime una capacità unica di raccontare quel disastro con il quale la borghesia ha convissuto manifestando la propria impotenza ad assumere un ruolo civile. Oggi, Napoli, che, per una stranissima casualità preparata dalla storia, è consideratala la città-pattumiera, diventa l’emblema per tutte le città-pattumiera del Sud d’Italia non ancora rivelatesi. (dall’intervista a Roberto Andò)