UN PROGETTO DI TEATRO DI NAPOLI – TEATRO NAZIONALE CON PARCO ARCHEOLOGICO DI POMPEI
IN COLLABORAZIONE CON FONDAZIONE CAMPANIA DEI FESTIVAL – CAMPANIA TEATRO FESTIVAL

GLORIA
COREOGRAFIA, SCENOGRAFIA, VIDEO DESIGN JOSÉ MONTALVO 
ASSISTENTE COREOGRAFO JOËLLE IFFRIG 
COSTUMI AGNÈS D’AT, ANNE LORENZO 
SCENE E LUCI DIDIER BRUN 
SUONO PIPO GOMES, CLÉMENT VALLON 
REGISTA VIDEO E COLLABORATORE ARTISTICO FRANCK LACOURT 
COLLABORATORI ARTISTICI SYLVAIN DECAY, CLIO GAVAGNI, MICHEL JAEN MONTALVO 
CAPO OPERATORE DANIEL CRÉTOIS 
CAMERAMAN PRUNE BRENGUIER 
CON KARIM AHANSAL (PÉPITO), MICHAEL ARNAUD, RACHID AZIKI DIT ZK FLASH, SELLOU NADÈGE BLAGONE, ELÉONORE DUGUÉ, SERGE DUPONT TSAKAP, FRAN ESPINOSA (INSEGNANTE DI FLAMENCO), SAMUEL FLORIMOND (MAGNUM), ELIZABETH GAHL, ROCÍO GARCIA, FLORENT GOSSEREZ (ACROW), ROSA HERRADOR, DAFRA KEITA, CHIKA NAKAYAMA, BEATRIZ SANTIAGO, DENIS SITHADÉ ROS (SITHA)
MUSICHE MUSICA DEI PASTORI MOLDAVI, MUSICA TRADIZIONALE 
ESEGUITE DA TARAF DE HAÏDOUKS, PASONA KOLO PASONA KOLO 
MUSICA TRADIZIONALE ESEGUITA DA NEMANJA RADULOVIC, DOUBLE SENS, LAURE FAVRE-KHAN, NICOLAS MONTAZAUD
KNOWING THE ROPES COMPOSTA DA MICHAEL NYMAN ED ESEGUITA DA NIGEL BARR E MOTION TRIO
GRISELDA: AGITATA DA DUE VENTI DI ANTONIO VIVALDI ESEGUITO DA CECILIA BARTOLI
SAY COMPOSTO ED ESEGUITO DA NILS FRAHM
NISI DOMINUS, RV 608: CUM DEDERIT DI ANTONIO VIVALDI ESEGUITO DA PHILIPPE JAROUSSKY LE NOMBRIL COMPOSTO DA PHILIPPE GÉRARD E INTERPRETATO DA JEANNE MOREAU
PRODUZIONE MAISON DES ARTS ET DE LA CULTURE DE CRÉTEIL 
COPRODUZIONE CHAILLOT – THÉÂTRE NATIONAL DE LA DANSE, LE CHANNEL,
SCÈNE NATIONALE DE CALAIS (VOLET PARTICIPATIF), 
FESTSPIELHAUS SAINT PÖLTEN
FINANZIATO DA LA REGION, ILLE DE FRANCE
CON IL SOSTEGNO DI LA BRIQUETERIE – CDCN DU VAL DE MARNE
IN COLLABORAZIONE CON TEATRO DI NAPOLI – TEATRO NAZIONALE E FONDAZIONE CAMPANIA DEI FESTIVAL – CAMPANIA TEATRO FESTIVAL

TEATRO GRANDE DI POMPEI
17, 18 GIUGNO ORE 21.00 DURATA 1H+10MIN

«La gioia di danzare permette di arrivare alla saggezza, di abbracciare più serenamente l’esistenza, di trovare un’intesa più piacevole tra la realtà e noi stessi. Ripetere che la gioia è più profonda della tristezza…».
Con queste parole il coreografo José Montalvo porta a Pompei il suo recente Gloria.
16 artisti venuti da tutti i continenti attraversano il mondo con musiche vorticose e romantiche. Un ingegnoso e superbo montaggio di video mostra come gli animali stanno perdendo a poco a poco il loro territorio. È un’appello alla difesa della natura. Gli artisti raccontano uno alla volta, brevemente il loro percorso nei minimi dettagli e inscenano anche le loro danze. Si passa dalla musica africana con sottofondo la musica classica all’inverso, cioè dalla danza sulle punte al tam tam! I movimenti di gruppo, i canti africani sono energici, gli artisti hanno un sorriso espressivo. Un’opera che celebra con ottimismo la danza e la vita. 

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DUE REGINE
MARY STUART VS. ELIZABETH TUDOR
ELIZABETH TUDOR VS. MARY STUART

ELABORAZIONE DRAMMATURGICA, REGIA E INTERPRETAZIONE ELENA BUCCI, CHIARA MUTI
DA UN’IDEA E DA UNA RICERCA DRAMMATURGICA DI ELENA BUCCI
LUCI VINCENT LONGUEMARE DRAMMATURGIA DEL SUONO RAFFAELE BASSETTI
COSTUMI MARTA BENINI, MANUELA MONTI
CONSULENZA AL TRUCCO E PARRUCCO BRUNA CALVARESI
COLLABORAZIONE ALL’ALLESTIMENTO NICOLETTA FABBRI
PRODUZIONE LE BELLE BANDIERE
IN COLLABORAZIONE CON TEATRO DI NAPOLI – TEATRO NAZIONALE, FONDAZIONE CAMPANIA DEI FESTIVAL – CAMPANIA TEATRO FESTIVAL
CON IL SOSTEGNO DI REGIONE EMILIA-ROMAGNA, COMUNE DI RUSSI
UN RINGRAZIAMENTO A MARIO GIORGI PER LA COLLABORAZIONE ALLA DRAMMATURGIA AD ANDREA AGOSTINI PER I CONTRIBUTI MUSICALI E AD ANDREA DE LUCA PER LA VOCE REGISTRATA

TEATRO GRANDE DI POMPEI
24, 25 GIUGNO ORE 21.00 DURATA 1H+15MIN

Tra i molti fantasmi che abitano le rovine di Pompei, prendono vita le ombre di Mary Stuart ed Elizabeth Tudor, allevate per comandare, abili nelle lingue, colte, amanti delle arti, della poesia e della danza, incatenate l’una all’altra in un eterno duello per la corona: due regine, due donne, due religioni, due temperamenti opposti, due segni zodiacali in contrasto, due visioni della politica, della vita, dell’amore. Vivono in un tempo nel quale le donne sono considerate da tutti inferiori, anche quando il destino le incorona: possono essere innalzate e perdute in un attimo. La vita dell’una significa la morte dell’altra: pur di vincere si ricorre alla guerra e all’intrigo, viene sacrificato ogni sussulto di pietà. Ci immergiamo in un’epoca ricca di scrittori e artisti, da Shakespeare a Marlowe, ma dove la vita è breve, insopportabile il fetore dei castelli, potenti i conflitti, frequenti le guerre, imprevedibili i tradimenti, violenta la peste, implacabile la sete di ricchezza e potere, enorme la distanza tra lo sfarzo chiassoso dei potenti e la sommersa vita delle altre classi, sorprendenti le ascese e le cadute. Ragazze innocenti come Jane Grey possono essere forzate a salire sul trono e poi morire decapitate a sedici anni senza colpa alcuna, abbandonate da tutti. Mary, cattolica, fu incoronata da bambina ed ebbe molte dolcezze dalla vita, ma perse il suo regno e diventò prigioniera di Elizabeth. Lei, a sua volta, dichiarata bastarda a tre anni quando sua madre fu decapitata da Enrico VIII perché incapace di dargli un figlio maschio, diventò regina e capo della nuova chiesa anglicana. Volle essere libera, non volle sposarsi, non ebbe figli, mentre Mary ebbe un figlio che non l’amò, ma che divenne il successore di Elizabeth, quel Giacomo VI che unì i due regni di Inghilterra e Scozia.

Elizabeth, eccentrica e accorta, domandava: “Mary è più alta di me? Quanto? Più bella?” Mary, appassionata e incauta, altissima e affascinante, le mandava regali fatti con le sue mani e cospirava contro di lei. “Specchio specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?”. Anche nelle più antiche fiabe la regina deve essere una sola, idolatrata e temuta. Elizabeth sa bene che dovrebbe giustiziare Mary, ma esita. Perché?

In vita non si incontrarono mai, ma nel silenzio ombroso dell’Abbazia di Westminster le loro enigmatiche effigi in marmo sono vicine, come le loro tombe.
È qui che le immaginiamo, finalmente libere di parlarsi come mai hanno fatto prima, sole nello spazio del teatro antico, in scena come sempre lo sono state in vita, eppure in modo diverso rivelate. Scoprono quanto sono state vicine, vittime di un sistema di poteri e di follie che le ha incatenate ad un ruolo contro la loro volontà, ormai deviata dai mille obblighi e rischi del loro scosceso percorso. Tra loro ci sono ancora l’ombra di un trono, il fantasma di una corona, svuotati del loro fosco potere. Fantasticano di come la storia, che ancora si ripete con il suo strascico di insensate violenze, con il suo corredo di sprechi, di crudeltà e di soprusi, possa finalmente mutare, magari accogliendo uno sguardo femminile ancora troppo spesso ignorato. Mentre stiamo vivendo una crisi mai esistita prima, ubriachi della nostra apparente potenza capace di irrimediabili distruzioni, volgiamo lo sguardo indietro per rivivere una storia affascinante e violenta, densa di contraddizioni e di domande che arrivano fino al presente. La natura femminile, ancora lungi dall’essere percepita come alterità dai pari diritti, viene spesso o adorata o distrutta, o idolatrata o ignorata, comunque isolata, indotta ad una continua lotta con se stessa nell’ingannevole girandola della competizione. Nonostante gli enormi passi della scienza ci ritroviamo ancora schiavi del potere, della ricchezza, della bulimia di ogni bene materiale, delle tirannie, del desiderio di sopraffazione. Forse il teatro e le arti possono aiutarci a guardare, a comprendere, a fermarci, a dire no?