DI E CON MIMMO BORRELLI
MUSICHE COMPOSTE E ESEGUITE IN SCENA DA ANTONIO DELLA RAGIONE
INSTALLAZIONI VIDEO ALESSANDRO PAPA
DISEGNO LUCI ANGELO GRIECO
FONICI DANIELE PISCICELLI, DIEGO IACUZ
MACCHINISTA ATTREZZISTA DOMENICO RISO
SARTA ANNALISA RIVIERCIO
FOTO DI SCENA MARCO GHIDELLI
MATERIALE ELETTRICO GELATO EQUIPMENT
MATERIALE VIDEO EMMEDUE
MATERIALE FONICO DELTA MUSIC, OPERA 26 S.A.S.
PRODUZIONE TEATRO STABILE DI NAPOLI – TEATRO NAZIONALE
IN COPRODUZIONE CON FONDAZIONE CAMPANIA DEI FESTIVAL – NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA

SCENA APERTA
Rassegna realizzata dal Teatro Stabile di Napoli-Teatro Nazionale in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli e la Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia, con il contributo di Italgas

MASCHIO ANGIOINO
DAL 9 ALL’11 LUGLIO ORE 21.00
DURATA 1H+10MIN
PRIMA ASSOLUTA

Nel 2005, la giuria del Premio Riccione attribuiva la vittoria a ‘Nzularchia, straordinaria opera prima di Mimmo Borrelli, che racconta d’una notte spaventosa in un derelitto palazzo nel quale arrivano i tuoni e i lampi di una tempesta incombente. Gaetano deve fare i conti con il sopruso, l’orrore, la violenza subita da un padre camorrista e assassino che si aggira dentro una vestaglia consumata nelle stanze di quel palazzo. «In quel lontano 2005 – ricorda Borrelli – nella giuria del premio c’era anche Roberto Andò: è dunque anche a lui che devo la legittimità di esistenza e la possibilità di affinamento del mio modo di fare teatro. Oggi come allora, la prima verifica di un mio testo consiste in una lettura che di solito concedo a pochi intimissimi e fedeli amici. Una lettura in cui spiego prima le ingarbugliate trame dell’eventuale agone scenico e poi mi ci immergo interpretandone e chiarendo le dinamiche di tutti i personaggi. Per questa occasione ho ritenuto opportuno allargare l’egoismo di questo piacevole espediente al pubblico per cercare di approfondire ancor più incisivamente il rapporto amniotico che intercorre tra le acque in rivoli dell’artificio e le maree lunari della realtà. Tenendo conto di un pubblico più vasto, della lucidità interpretativa dell’entrare e uscire dalla trans interpretativa ed anche di un testo pero che è già stato messo in scena. A quei tempi ed anche successivamente per presentare i miei dannati progetti, anche a questo stesso teatro, utilizzavo quasi in modo propedeutico queste letture. Non avendo idea di come si potesse parlare di una materia già esistente e già di per sé atto scritto di regia e di prassi attoriale, ero solito per guadagnare tempo, chiamare i produttori e direttori di turno leggere a loro il tutto in ore di affabulazione interpretativa ed esplicativa. Riaprire il teatro ammutolito, imbavagliato e sospeso, attraverso questo attimo privato mi sembra il giusto modo per ricostruire un contatto più intimo con il pubblico, sulle macerie dell’anima diroccata dalla mancanza di fiducia del prossimo e della prossimità».