DI: MANLIO SANTANELLI
REGIA: SERENA SINIGAGLIA
durata: 2h | Paese: Italia | Lingue: italiano
Auditorium della RAI di Napoli – 15/06/2009, 20:30
PRODUZIONE: NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA.
PRODUZIONE ESECUTIVA: A.T.I.R. ASSOCIAZIONE TEATRALE INDIPENDENTE PER LA RICERCA
PROGETTO SPECIALE DI PRODUZIONE TELEVISIVA E TEATRALE
Napoli non si misura con la mente, testo commissionato a Manlio Santanelli dal Napoli Teatro Festival Italia, è portato in scena da Serena Sinigaglia, regista e direttrice della compagnia ATIR. Il testo, che parla di un miracolo che accade in uno studio televisivo, è portato in scena in un set della sede Rai ed è documentato in video, per produrre un dvd dello spettacolo: i giochi fra realtà quotidiana e finzione televisiva che caratterizzano la drammaturgia sono approfonditi dalla messinscena, che intreccia pratica teatrale e riprese video.
«A volte i linguaggi ti stanno stretti. Di uno ti piace una cosa, di un altro te ne piace un’altra. In uno ti manca qualcosa, in un altro ti manca qualcos’altro.
Ecco allora che tentare di rubare il meglio al teatro, al cinema, alla televisione, scartando il peggio, è forse il sogno segreto di ogni regista. Probabilmente è una follia, si corre infatti il rischio di creare qualcosa di abnorme e comunque di informe, privo di un’identità riconoscibile. Tuttavia le “follie” sono forse il solo modo organico per fare delle nuove scoperte. E dunque vale la pena assumersele, di tanto in tanto, no?!
Per dieci giorni (di cui due col pubblico) riprenderò come fosse un film, ma in uno studio televisivo, uno spettacolo di teatro. Dunque non sarà nè teatro, nè cinema, nè tv: un cineteatrotelevisivo!
Oggi tutto ciò che conta passa dalla tv. Se vuoi diventare famoso, è lì che devi andare. Altro che nobel o medaglia olimpica o segreteria di partito. L’olimpo dei potenti, lo scettro della fama, tutto passa attraverso il tubo catodico della tv. Siamo arrivati al punto di credere vera la tv e falsa la realtà, in uno scambio paradossale e inquietante di piani. La tv mente, ma noi ci ostiniamo a crederle. Anche i miracoli per esistere devono accadere in tv. Se non lo dicono in tv, non ci credo, non è vero. E se non ci credo, non esiste. Il nostro operaio, Pasquale Ruoppolo, non ci delude anzi rilancia alla grandissima: cade in una sorta di trance mistica urlando «la marooonnaaa!» che gli è apparsa improvvisamente in un schermo della telecamera, nero per tutti tranne che per lui. Solo che, e anche questo è naturale (ma niente affatto scontato), in un mondo alla rovescia come il nostro, come gli è venuta la visione, così gli passa: Pasquale si alza e se ne va. La madonna non la vede più. E tutto il castello di sabbia che si è creato intorno al suo caso si sgonfia con la stessa rapidità con cui si è gonfiato. L’effimero per eccellenza che consuma energia e consumando energia brucia la vita. Tutta altra cosa da quello che la cultura dovrebbe fare ovvero preservare la vita, raccontandola, produrre energia nuova così da produrre vita, nuove imprese, nuovi sogni. Ma come si fa a sognare, se tutto ciò che dovrebbe dirci la verità ci mente e ciò che ci mente ci dice la verità. Dove tutto ciò che è realmente importante, è rimosso sempre: la morte, ad esempio, la fine delle cose. Abbiamo smarrito il senso delle cose, rimuoviamo la paura e così sul più bello ci troviamo drammaticamente impreparati. La società dell’effimero si sgretola, svanisce in un lampo, per non lasciare niente altro che un vago senso di rimpianto e un forte senso di insuccesso. C’è proprio da chiedersi dove si andrà a finire di questo passo.
Poichè il nucleo centrale si svolge in uno studio televisivo, abbiamo pensato di utilizzare proprio uno studio della Rai, presso la prestigiosa sede napoletana. È un piccolo studio che contiene una trentina di spettatori. Userò lo studio in tutti i modi possibili, ribaltandone persino le funzioni, esso diventerà casa, ufficio, strada… diventerà la città stessa» – Serena Sinigaglia.