DI ARIEL DORFMAN
TRADUZIONE ALESSANDRA SERRA
REGIA ELIO DE CAPITANI
AIUTO REGIA NADIA BALDI
CON ENZO CURCURÙ, CLAUDIO DI PALMA, MARINA SORRENTI
SCENE E COSTUMI CARLO SALA
LIGHT DESIGNER NANDO FRIGERIO
SOUND DESIGNER IVO PARLATI
DATORE LUCI ENZO GUIDA
MACCHINISTA GIULIANO GARGIULO
FONICO RAFFAELE FIGLIOLIA
SARTA PAOLA DE LUCA
DIRETTORE DI SCENA ERRICO QUAGLIOZZI
PRODUZIONE FONDAZIONE CAMPANIA DEI FESTIVAL – CAMPANIA TEATRO FESTIVAL, TEATRO DI NAPOLI – TEATRO NAZIONALE, TEATRO DELL’ELFO
CAPODIMONTE – CORTILE DELLA REGGIA (PORTA GRANDE)
12, 13 GIUGNO ORE 21.00 DURATA 1H+50MIN
DEBUTTO
Un paese che ha appena raggiunto una fragile democrazia. Un avvocato, Gerardo Escobar, appena nominato a presiedere una commissione di indagine sui desaparecidos. Una donna, sua moglie Paulina Salas, ancora segnata dalle torture subite durante la dittatura. La loro casa isolata vicino al mare…
Una notte Gerardo ritarda, ha forato una gomma, uno sconosciuto si ferma e lo accompagna a casa. A notte inoltrata lo sconosciuto torna a bussare alla porta degli Escobar. E nel cortese dottor Miranda, Paulina crede di riconoscere il medico che l’ha torturata e stuprata sulle note di un quartetto di Schubert – La morte e la fanciulla – durante la prigionia. Paulina sequestra il dottor Miranda: vuole una confessione. Perché per sopportare la violenza della memoria, Paulina deve sperare in una liberazione. Che solo la parola del suo torturatore potrebbe darle. Perché l’angoscia del sopravvissuto è nel non poter dimenticare, ma anche nel vedere che gli altri dimenticano, rimuovono, non credono o non ascoltano più, come se si trattasse di un privato incubo notturno.
L’interrogatorio di Paulina dà luogo a un rovesciamento delle parti: i ruoli di vittima e di carnefice si ribaltano. L’uomo legato e imbavagliato sotto il tiro implacabile della donna subisce un processo sotto gli occhi del marito, chiamato a svolgere il ruolo di avvocato difensore del dottor Miranda e convinto all’inizio che, se la confessione sarà estorta, la verità continuerà a essere inafferrabile. Ma convinto anche che il sequestro di persona e quel giudizio sommario, celebrato in casa sua, screditeranno il lavoro della commissione e lui stesso come suo presidente, frenando forse irrimediabilmente la ricerca della verità. Sotto i suoi occhi, però, si andrà formando pian piano la consapevolezza insostenibile, oltre ogni sua immaginazione, di quello che sua moglie ha dovuto ripetutamente subire per non aver mai rivelato sotto tortura il suo nome, permettendo a lui di salvarsi e di sfuggire agli aguzzini.
«L’autore del dramma, Ariel Dorfman, un cileno esiliato dal regime, conosce i morsi della sete di giustizia degli umiliati e offesi, ma non ripete per fortuna il solito luogo comune letterario del legame erotico tra oltraggiato e oltraggiatore. Illumina piuttosto il paradosso, nell’uomo giusto, di farsi vendetta da sé. Il male è protetto dalla sua stessa banalità e vigliaccheria, il bene non riuscirà mai a diventare male se non a patto di rinnegare se stesso. E così, anche quando un processo familiare è imbastito, la confessione firmata e la colpa provata, si direbbe, al di là di ogni ragionevole dubbio, la pistola vendicatrice di Paulina rimane sospesa. L’unico risultato è quello di restituire la vittima alla sua dignità, al rispetto di se stessa. Paulina può ascoltare di nuovo la musica di Schubert che accompagnava le sue torture. Ma al concerto compare libero e rispettato anche il suo aguzzino». Giuseppe Vannucchi, TG1
Scritto nel ’91, il testo è stato tradotto e portato sulle scene in tanti paesi d’Europa e d’America per approdare infine sugli schermi cinematografici ad opera di Roman Polanski nel ’95. Nel ’98 Elio De Capitani lo ha messo in scena per il Teatro dell’Elfo di Milano, con Cristina Crippa protagonista. De Capitani è tornato in seguito ad occuparsi della storia cilena mettendo in scena L’Acrobata di Laura Forti (2017), di cui sono state appena ultimate le riprese televisive e che sarà trasmesso a breve da RAI 5. Ma il suo interesse per questo tema è costante: ha infatti accarezzato a lungo l’idea – ancora in una fase aurorale – di un adattamento del romanzo L’ultima luce di Neruda di Ruggero Cappuccio. Vedendo Marina Sorrenti e Claudio di Palma in scena nell’Edipo a Colono dello stesso Cappuccio, si è imposta l’idea – su suggerimento di Cristina Crippa – di pensare invece alla Morte e la Fanciulla per un lavoro assieme su quegli anni in Cile, coinvolgendo per il ruolo di Gerardo Enzo Curcurù, attore legato da anni al Teatro dell’Elfo (era presente al Napoli Teatro Festival tre anni fa, nel cast di Afghanistan – Il grande gioco/Enduring Freedom per la regia a due mani di Ferdinando Bruni e dello stesso De Capitani).