UN PROGETTO DI CLAUDIO FIDIA

IN COLLABORAZIONE CON ALESSANDRO PASCHITTO
VINCITORE BANDO CURA 2024
FINALISTA PREMIO LEO DE BERARDINIS 2024 | TEATRO DI NAPOLI – TEATRO NAZIONALE SEMIFINALISTA BORSA TEATRALE ANNA PANCIROLLI 2023

TEATRO TEDÉR – TEATRO DEL RIMEDIO
29 GIUGNO 2025, ORE 22:00

Quanti siete? L’attore fa accomodare gli spettatori, consegna loro il menù, prende le ordinazioni, serve lo spettacolo. Dopotutto è un vero cameriere. Di tutti i luoghi di raduno della nostra società, il ristorante sembra l’unico imbattuto baluardo. Il teatro invece ormai è barbaramente disertato. Et voilà. Lo spazio scenico vede gli spettatori raccolti intorno ai tavoli. Il ristorante diviene luogo simbolo, finestra sul fuori, punto di incontro di serviti e servitori, di chi se lo può permettere e chi no. Immagine del mondo in sei portate. Il racconto è il menù del giorno e viene servito su richiesta degli spettatori. Le scene dello spettacolo sono le pietanze. E sono loro, i clienti-spettatori, a definire la scaletta di sera in sera, sulla base delle ordinazioni. Ciascuna portata è porzione di vissuto. Accaduto per davvero a chi ce lo racconta. Perché questo attore in un ristorante ci lavora. Sa mostrarci dove la schiena fa male, i piedi gonfi, ci porta dietro le quinte, ci mostra come tenere tre, sei, dodici piatti in equilibrio, li fa cadere facendoci saggiare l’esperienza della ceramica in pezzi. Il racconto viene addentato da tutti i lati, narrazione, performance, interattività, coreografia si passano il testimone per seguire il filo rosso di un vissuto. Il carnevale umano di clientele che si sussegue ai tavoli, aneddoti, pensieri, sensazioni, speranze strozzate in gola col vassoio in equilibrio. Come un arlecchino contemporaneo, attraverso il teatro questa figura marginale prova a fare il salto, diventare simbolo, universalizzare un’esperienza che schiaccia e mette in contatto con quello smarrimento e quella stanchezza che spesso toccano chi ancora non ha trovato il suo posto nel mondo. E nel frattempo rimbocca le maniche. Tutti abbiamo già incontrato di queste figure e non ce ne siamo accorti. Erano nascoste oltre il gilet, dietro il buonasera, dentro il piatto poggiato con la mano che un po’ trema. A guardarle un attimo più da vicino lo si nota subito: siamo proprio noi.