DI/BY JEAN GENET
TRADUZIONE/TRANSLATION GIORGIO PINOTTI
CON/WITH ANDREA GIORDANA, GIUSEPPE ZENO, VALENTIN, MELANIA GIGLIO
DANZATORI/DANCERS YARI MOLINARI, GIOVANNI SCURA
REGIA/DIRECTED BY DANIELE SALVO
MUSICHE ORIGINALI/ORIGINAL MUSIC MARCO PODDA
COREOGRAFIE/CHOREOGRAPHY RICKY BONAVITA
SCENE/SET DESIGN FABIANA DI MARCO
COSTUMI/COSTUME DESIGN DANIELE GELSI
LUCI/LIGHT DESIGN BEPPE FILIPPONIO
VIDEOPROIEZIONI/PROJECTIONS AQUA MICANS
PRODUZIONE/PRODUCTION MARIOLETTA BIDERI PER BIS TREMILA
date/dates 30 giugno/june h 21.00
1, 2 luglio/july h 19.00
luogo/venue teatro sannazaro
durata/running time 1h 20min
lingua/language italiano/italian
paese/country italia/italy
Daniele Salvo mette in scena uno dei testi più discussi del grande scrittore francese. Verso la fine del 1956 Jean Genet conobbe un giovane artista di circo, Abdallah Bentaga, figlio di un acrobata algerino e di una tedesca. Lo scrittore francese si legò a lui in un rapporto che lo indusse a peregrinare per l’Europa. Nel corso dei loro spostamenti Genet cercò di convincere Abdallah, che lavorava come giocoliere e acrobata, a salire sul filo da funambolo. Lo plagiò sino a indurlo a sottoporsi a un duro allenamento. Il giovane algerino cadde dal filo una prima volta nel 1959, ma vi risalì. Si unì alla compagnia del Circo Orfei in Kuwait, ma ricadde e fu la fine della sua carriera. Genet era convinto di aver realizzato con Abdallah, suo doppio narcisistico, una sorta di capolavoro che l’imperizia e la debolezza del ragazzo mandò in malora, come scrisse a un amico. Nel febbraio del 1964 Abdallah inghiottì un barbiturico e si tagliò le vene. Sette anni prima Genet aveva scritto per lui un piccolo poema in prosa, Il funambolo, un grande inno alla Morte: «La Morte – la Morte di cui ti parlo – non è quella che seguirà la tua caduta, ma quella che precede la tua apparizione sul filo. È prima di scalarlo che muori. Colui che danzerà sarà morto – deciso a tutte le bellezze, capace di tutte». Daniele Salvo immagina il teatro Sannazaro, come spazio scenico unico (il pubblico sarà sui palchetti). Lo spettacolo è immerso nel buio della stanza del poeta, la “stanza dell’immaginario”, la “scatola nera” della sua mente dove appaiono figure cristalline, creature di altri mondi, ossessioni che visitano brevemente il nostro tempo sospese nell’aria: danzatori, funamboli, violinisti con i piedi immersi nel latte. Sono fantasie di poeta, ossessioni di purezza di uno strano incantatore.