DRAMMATURGIA/WRITTEN BY ARMANDO PIROZZI E/AND EMANUELE VALENTI
CON/WITH GIUSEPPINA CERVIZZI, CHRISTIAN GIROSO, VINCENZO NEMOLATO, VALERIA POLLICE, EMANUELE VALENTI, GIANNI VASTARELLA REGIA/DIRECTED BY EMANUELE VALENTI
SCENE/SET DESIGN TIZIANO FARIO
COSTUMI/COSTUME DESIGN DANIELA SALERNITANO
DISEGNO LUCI/LIGHT DESIGN GIUSEPPE DI LORENZO
COLLABORAZIONE ARTISTICA/ARTISTIC COLLABORATION MARINA DAMMACCO
UNO SPETTACOLO DI/A PERFORMANCE BY PUNTA CORSARA
PRODUZIONE/PRODUCTION FONDAZIONE CAMPANIA DEI FESTIVAL – NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA, FONDAZIONE TEATRO DI NAPOLI – TEATRO BELLINI
IN COLLABORAZIONE CON/IN COLLABORATION WITH 369 GRADI
date/dates 7, 8 luglio/july h 21.00
luogo/venue teatro bellini
durata/running time 1h 15min
lingua/language italiano/italian
paese/country italia/italy
La compagnia Punta Corsara – nata come progetto d’impresa culturale della Fondazione Campania dei Festival nel triennio 2007\9 – arriva al Festival dopo molti premi e riconoscimenti. Il titolo della loro nuova creazione, Il cielo in una stanza, viene dalla canzone scritta da Gino Paoli e interpretata da Mina nel 1960. È la canzone di un amore che abbatte le pareti di una stanza, il racconto di una storia comune, nata in un luogo intimo e privato come la propria casa.
Se però questa casa crolla, cosa resta del sogno romantico? Cosa resta della giovane coppia che l’ha sognato e cosa diventa quel luogo che il crollo ha portato via? Restano le fondamenta e tre pareti su quattro, come su un palcoscenico, che invece di essere abbandonate e diventare ruderi di cui presto ci si dimentica, continuano ad essere abitate da una piccola comunità che desidera ricostruire la propria storia. Da queste premesse si muove la scrittura di Armando Pirozzi e Emanuele Valenti (quest’ultimo anche regista dello spettacolo) che attinge da fonti diaristiche e fatti di cronaca e si snoda dagli anni ’60 agli anni ’90, dopo il terremoto, a Napoli. Infatti se “la stanza che non ha più pareti ma alberi infiniti” è del 1960, allora è la stanza di un edificio della fine degli anni ’50, in cui proprio attraverso la costruzione e distruzione di parti della città, si avviava un processo di trasformazione sociale, secondo un piano regolatore di esistenze che guardavano al futuro e irrimediabilmente cambiavano. Quarant’anni di storia italiana, senza seguire un ordine cronologico e attraversati da diversi eventi storici, per concentrarsi attorno alle vite di personaggi, di diversa provenienza ed estrazione sociale, che si ritrovano a vivere attaccati ai resti di quel palazzo crollato da cui non riescono ad allontanarsi. Li incontriamo nel momento in cui vogliono fare i conti con questo passato e, costi quel che costi, ricominciare a sognare un futuro. Ammesso che questo sogno sia ancora possibile..