Ph Ivan Nocera per Cubo Creativity Design
comédie dangereuse | o dei muti turpiloqui d’amore
drammaturgia e regia Adriana Follieri
interpreti Dora De Maio, Angela Fabiano, Fiorenzo Madonna
e con la partecipazione dello Chef Marco Follieri
fisarmonica, chitarra, percussioni e voce Marcello Squillante
disegno luci Davide Scognamiglio
scenografia Federica Di Gianni
realizzazione scene Laboratorio scenografico Opificio del Palco
costumi Antonella Mancuso
maschere Sveva Germana Viesti
assistente alla regia Valerio Pietrovita
consulenza musicale Carla Pastore
collaborazione artistica Francine Bergère, Hugo Fonti, Simona Perrella
suono Daniele Piscicelli
grafica Massimo Isaia
amministrazione Anna Tramontano
una produzione MANOVALANZA
Grazie a Cinzia de Felice, Chiara Rodriquez, e tutti gli allievi e le allieve dei laboratori di Manovalanza
Palazzo Reale – Cortile delle Carrozze
20 giugno 2018 ore 21.30
durata 1 ora e 30 min
Come di’ | comédie dangereuse | o dei muti turpiloqui d’amore è uno spettacolo dalla drammaturgia originale dedicato agli attori Dora De Maio, Angela Fabiano e Fiorenzo Madonna e liberamente ispirato al “Cyrano de Bergerac” di Rostand: il maschile e il femminile qui si confondono, le identità sono figure in sagoma, abitanti di una provvisorietà senza tempo, in cui il gioco di scambi non fa che riportare alla luce la natura delle cose e degli istinti.
A guidare questo lavoro è l’amore, la sua geometria insulsa e strabordante di effetti speciali, il suo vulcanico vocabolario inutile, il turpiloquio e la delicatezza, la poesia che ne deriva, che altro non è se non poesia dei corpi in canto, in affannosa ricerca di sé nei corpi altrui; l’amore e come dirlo, dirlo meglio, perché risuoni e giochi dalla scena alla vita.
Per analogia, certamente esplicita, a guidare questo lavoro è il teatro, luogo ideale dell’anima oltre che luogo fisico del rito scenico, rievocato in un gioco di scatole cinesi, sintesi e specchio delle miserie e delle virtù teatrali, miserie e virtù umane elevate a potenza; scatole cinesi che moltiplicano il teatro dentro se stesso e ne fanno una gabbia luminosa, vorticosa a tratti, in cui il teatrino dell’apparire insegue il teatrino dell’essere: una scenografia dell’attesa e della pretesa, evocatrice di paesaggi lunari, dove la bellezza è specchietto per le allodole, tensione verso un altrove luminoso, umana costruzione e demolizione di totem necessari quanto non completamente edificabili, né edificanti.
La musica dal vivo accompagna e scandisce i passaggi di stato, fondendosi anch’essa nell’unicum platonico, ora separato e in cerca dell’altra metà, meta provvisoria e ingannatrice.
La lingua del testo è lingua ibrida, frutto degli innesti tra il classico e il contemporaneo: si attraversano così livelli diversi, dal dinamico e comico gioco che rimanda ai lazzi della commedia dell’arte, passando per una delicata e pungente introspezione, fino al più acceso lirismo tragico.