All’interno del Napoli Teatro Festival, la sezione SportOpera, voluta da Claudio Di Palma, vuole “recuperare l’originale relazione tra l’arte e lo sport”, riscoprire e riflettere sulle comuni pulsioni che, tanto nel mondo teatrale e letterario quanto nel mondo sportivo, scaturiscono in processi creativi. Uno degli eventi inglobati in questo progetto è l’incontro con Maurizio De Giovanni tenutosi il 14 di Giugno all’Accademia di Belle Arti. Lo scrittore, superato un piccolo imprevisto  che ha ritardato di qualche minuto l’inizio (d’altronde non è possibile immaginare un teatro, dove  tutto si svolge dal vivo, privo di qualche elemento non calcolabile), ha raccontato di come la fede calcistica che si esprime, a Napoli, in una maniera unica al mondo, sia capace di unire età ed estrazioni sociali diverse in un unico travolgente moto dell’animo, un’unica passione per cui cuori distanti si ritrovano a battere allo stesso ritmo.
Parla, ahimè, a una sala semivuota, ma gli spettatori più illustri riempiono le prime due file: i giovani calciatori, tutti classe 2005, dell’ A.S.D. Petrarca Napoli, il cui allenatore ha voluto fortemente che i ragazzi prendessero parte a questo e ad altri eventi in calendario. È ai ragazzi che si rivolge De Giovanni, e lo fa a modo suo, con la confidenzialità di un amico che ritrovi al bar, a volte pungente e un attimo dopo ironico e dissacrante, catturando tutta l’attenzione dei giovani uditori, e non solo. Riflessioni e ricordi danno forma a una sorta di favola moderna dove la storia personale di un adolescente Maurizio e dei suoi amici di sempre, si intreccia alla Storia di una squadra di calcio: dall’arrivo e l’amore a prima vista (se non addirittura amor de lonh) col campione che più di tutti ha conquistato un posto nella memoria dei tifosi più grandicelli e nell’immaginario comune di quelli più piccoli, all’epico evento del 9 Novembre 1986.
Le emozioni sembrano le stesse di allora, ugualmente forti, ugualmente travolgenti, come se non fosse passato neanche un giorno da allora. È tangente la commozione negli occhi e nella voce di De Giovanni che si trasmette al pubblico, capace di far nascere anche nella spettatrice più “calcisticamente atea”, il desiderio di andare allo stadio per prendere parte a questo incredibile atto di fede.
Ma il punto focale dell’incontro resta il dialogo intergenerazionale; un uomo, un tifoso, racconta di esperienze vissute da ragazzo a dei ragazzi e vuole trasmettere loro questa fede, come un’eredità di sentimenti, un testamento ideologico, emblematicamente riassunto nella frase finale: “tutte le generazioni meritano il loro numero 10”.  E ancora con i ragazzi dell’A.S.D. Petrarca Napoli, Maurizio De Giovanni si intrattiene rispondendo con piacere alle loro domande e soddisfacendo le loro curiosità da giovani tifosi e promesse. (Chissà che non abbia ispirato un futuro Maradona. Tutto nostrano, questa volta.)

Brigida Esposito