Il sì della vita deve essere violento come la morte, se vuoi sopravvivere. È questa la più grande rivelazione del viaggio in Uganda di Francesco Bevilacqua, affermato imprenditore, che un giorno avverte l’esigenza di abbandonare il suo lavoro e tutti i comfort di una vita agiata, tipicamente occidentale, partendo all’insegna dell’Africa equatoriale. È una storia vera, che ripercorre un’importantissima missione umanitaria: la fondazione nel 1958 del Lacor Hospital in Uganda, ad opera di missionari comboniani, un’oasi tra guerra e deserto, nella quale si rifugiano per sfuggire ai rapimenti di guerriglieri come Joseph Kony, i night commuters. Sono I bambini della notte, titolo del romanzo del 2014 di Francesco Bevilacqua e Mariapia Bonanate, una categoria infantile particolarmente vulnerabile ed esposta a pericoli di ogni genere, che è solita viaggiare di notte. I protagonisti del libro vengono portati in scena giovedì 22 giugno 2017, presso il Cortile delle Carrozze del Palazzo Reale di Napoli da Angelo Campolo, e nell’ambito del Napoli Teatro Festival 2017 si trasformano in un vero e proprio spettacolo teatrale. Si tratta di un monologo sublime e straordinariamente evocativo, a tratti struggente, che affronta ed approfondisce il modello polifonico dell’io. Da Francesco Bevilacqua imprenditore di fama, non più appagato dalla sua soddisfacente vita professionale, a Francesco uomo, che si spoglia del suo ruolo e si ritrova catapultato in una violenta realtà che gli è fin troppo estranea e dalla quale prova l’irrefrenabile impulso di fuggire a gambe levate per la paura, a Francesco missionario, deciso, nonostante le proteste della famiglia e delle persone più care, a resistere in Uganda. Monologo è, forse, termine troppo riduttivo per descrivere una performance a 360 gradi, quale, quella di Angelo Campolo sul palcoscenico del 22 giugno, dove si è fatto interprete e fruitore di emozioni ad un livello fortemente sinestetico, dai tentennamenti della voce, alle fisiognomiche contorsioni del volto e del corpo, espedienti per rendere molto efficacemente lo stato d’animo conturbato di Francesco Bevilacqua durante l’arrivo in Uganda. Affiorano i dubbi, le angosce, le domande alle quali è impossibile dare una risposta. Francesco riscopre il valore della vita, attraverso l’esperienza della morte e di realtà assolutamente sconosciute ed in ombra in Occidente.
Quando una persona smette di essere una persona e si trasforma in un concetto?!?; Quante volte hai urlato? Sentirai l’urlo di un decapitato colpito a casaccio nel sonno; È la stessa musica che unisce insieme vittima e carnefice.
Un monologo corale, in grado di raccontare anche di una pluralità di personaggi realmente esistiti, da Francesco Bevilacqua ai medici Matthew Lukwjia, Piero Illusi Il Corti, Lucille, tutti fortemente impegnati dal punto di vista umanitario, ai meriti dei quali è doveroso rendere omaggio e giustizia per lo meno attraverso il ricordo. L’humanitas in tutte le sue forme è la grande protagonista dello spettacolo di Angelo Campolo – con le originalissime musiche dal vivo di Patrick Fisichella e l’intonazione di canti caratteristici in africano- che lì dove lascia il retrogusto amaro di una vita debellata dal virus dell’ebola, fa attecchire anche i fruttuosi semi di nuove speranze.
Martina Barbieri