Al Ridotto teatro Mercadante nei giorni 20 e 21 Giugno la Compagnia Francesca Caprioli presenta lo spettacolo Per mettere una bandiera sul muro, tratto da Il castello di Franz Kafka.

La riscrittura per la scena dell’ultimo romanzo del grande scrittore ceco è una sfida avvincente e complicata, soprattutto per via delle innumerevoli letture a cui si presta il testo, su cui si sono esercitati nel tempo studiosi dei più diversi orientamenti critici (e ne sono nate di volta in volta interpretazioni teologiche, psicanalitiche, sociologiche etc.).

Una sfida che la sceneggiatrice/regista e la compagnia tutta hanno voluto raccogliere, partendo da una lettura personale del romanzo, di cui hanno messo in risalto alcuni aspetti. Primo tra tutti l’ironia, che è come il controcanto della disperazione che investe il protagonista, simbolo dell’umanità tutta.

K., giunto in prossimità del castello da dove è stato convocato per prendere servizio come agrimensore, è intrappolato in una serie di vicende grottesche e cavilli burocratici che gli impediscono finanche di varcare il portone d’ingresso. Via via K. si immerge nella vita della comunità ma, paradossalmente, ne rimane sempre ai margini, inconsapevole e incapace di far presa sulla realtà.

È il dramma dell’individuo moderno (e forse dell’individuo tout court), della sua impossibilità di rapportarsi ad una società che non lo riconosce e non lo comprende; un individuo che nello sforzo inutile di raggiungere un obiettivo inesistente perde progressivamente anche la propria identità.

Tutto è aleatorio, nulla è saldo nella realtà. Mentre K. rimane sempre sulla scena, gli altri attori si avvicendano impersonando i numerosi personaggi della storia, indossano sempre gli stessi abiti e scrivono loro stessi di volta in volta il nome del personaggio interpretato sulla maglietta, come a dire che l’un personaggio vale l’altro. Essi rappresentano le rotelle inconsapevoli di un ingranaggio nel quale K. cerca disperatamente di entrare per prendervi posto. Ma K. è ancora una persona, non è ancora un essere bidimensionale privo di individualità, e non ha dunque diritto di asilo in tale società.

Il percorso verso il castello rappresenta proprio ciò, la volontaria, graduale perdita della propria specificità in vista del raggiungimento del completo assorbimento nell’astratto, incomprensibile meccanismo dell’esistenza. K. non riuscirà mai a raggiungere questo obiettivo. Il dramma si interrompe nel punto in cui si interrompe il libro. Un binario tronco, un cul de sac che in una storia come questa dice più di quanto farebbe ogni finale programmatico e definitivo. Un dramma incompiuto dunque, tratto da un testo incompiuto di uno scrittore che dell’incompiutezza come elemento caratterizzante l’esperienza umana ha fatto la chiave di volta della propria produzione artistica.

 

Daniele Cusani