di Daniala Campana, Master in Drammaturgia e cinematografia – Università degli Studi di Napoli Federico II
Luci e ombre, stacchi musicali da serie tv gialle americane, follia ed echi tarantiniani: questi alcuni degli elementi principali dello spettacolo “Maurizio IV – Un Pirandello pulp”, andato in scena il 5 e 6 luglio al Teatro Sannazzaro, durante la terza settimana del Napoli Teatro Festival.
La pièce, scritta da Edoardo Erba e diretta da Gianluca Guidi che ne è protagonista insieme a Giampiero Ingrassia, catapulta lo spettatore in una dimensione in cui il teatro va di pari passo con la vita. Maurizio è un regista che sta per mettere in scena “Il Gioco delle Parti” di Pirandello. Con lui un tecnico appena assunto, Carmine, siciliano di mezza età, che non sa nulla dello spettacolo. Pur di lavorare il meno possibile, Carmine si mette a discutere ogni dettaglio. Le sue idee sono talmente innovative che spingono Maurizio a pensare a una regia completamente diversa: un Pirandello pulp. Progressivamente i ruoli fra i due si invertono: Carmine prende in mano la situazione e Maurizio lo asseconda. Eppure, la scoperta di inquietanti verità scuote i precari equilibri e fa precipitare la commedia verso un finale inaspettato.
“Maurizio IV” può essere definita come un’operazione “meta-metateatrale”, poiché in un primo momento viene messo in scena il “gioco del teatro” e successivamente, in esso, il “gioco della vita”. Nel primo caso, il classico triangolo amoroso si trasforma in una situazione in cui il “lui” – in questo caso Leone del “Gioco delle parti” – volontariamente induce “lei” – Silia – a vivere altre esperienze, diventando così un “cuckold”, mentre “l’altro” – Guido – si trasforma in un cosiddetto “bull”.
Nel secondo caso, invece, la pièce si avvicina sempre di più alla poetica pirandelliana della maschera e del volto, la quale viene esemplificata dal titolo stesso che, in realtà, rimanda ad un’altra opera dell’autore siciliano, “Enrico IV”, in cui il tema centrale è – sì! – quello della follia, ma la stessa coadiuva il rapporto tra personaggio e uomo, finzione e realtà. E dunque Maurizio, come Enrico, muove i fili del teatro e della sua realtà a proprio piacimento e, non solo è vittima della follia, ma soprattutto della volontà di adeguarsi ad una realtà che non gli si addice, essendo fisso nel ruolo del pazzo. Dal canto suo, Carmine – falso tecnico delle luci – è anch’egli maschera e volto insieme, personaggio e uomo: i due caratteri, infondo, non sono altro che due volti della stessa medaglia.
“Maurizio IV” è dunque uno spettacolo in cui il tema del doppio è predominate e viene rappresentato in scena, non solo tramite la drammaturgia contemporanea, ma anche mediante le scelte registiche, che ne esaltano il senso attraverso un continuo uso di sapienti giochi illuminotecnici.
In conclusione, si può affermare che con tutto questo la messinscena “Maurizio IV – Un Pirandello pulp” non fa altro che esasperare e mettere in evidenza tutto l’umorismo pirandelliano.