Una sola voce di donna e un pianoforte sono bastati al regista Riccardo Canessa per offrire agli spettatori del Teatro Diana una raffinata quanto intensa interpretazione in lingua originale de La Voix Humaine. Portare in palcoscenico la tragédie lyrique in atto unico del compositore francese Francis Poulenc, un capolavoro della seconda metà del Novecento, su libretto di Jean Cocteau, autore dell’omonima piéce, non era impresa semplice eppure Canessa è riuscito a trasmettere il senso profondo dell’opera. «La musica è forse l’esempio unico di ciò che avrebbe potuto essere – se non ci fossero state l’invenzione del linguaggio, la formazione delle parole, l’analisi delle idee – la comunicazione delle anime» scrive Proust e per il Napoli Teatro Festival Italia il regista ha optato per il solo piano in un’essenzialità di suoni che dà spazio alla parola pronunciata che è evento, azione, strumento che promuove un senso di continuità con la vita. La scenografia presenta pochi ma utili oggetti: una scala, un tavolo dalle dimensioni innaturali con sopra un appendiabiti con una camicia e un cappello e un servo muto con giacca e pantalone. In primo piano le due protagoniste dell’opera: la musica, rappresentata dal piano suonato da Monica Leone e la voce umana del soprano Leona Peleskova, che in una fluida ma intensa osmosi raccontano la fine di un amore, al telefono. Prima bendata in un abito bianco che incontra sfumature di rosa, in un soffuso gioco di luci voluto da Rosario Martucci, poi in altri due cambi di costume, curati da Concetta Nappi, il soprano affronta uno straziante ultimo colloquio telefonico con l’uomo che ha amato e che forse ama ancora ma al quale deve dire addio. L’uomo, della voce sconosciuta, rimane invisibile dall’altro capo del telefono ma la sua presenza viene evocata nelle pause della chiacchierata in musica della donna. Un passato ed un presente che convergono nell’attualità di questa opera che racconta la fine di un amore tramite la cornetta, rispecchiando il mondo contemporaneo dominato da telefoni e social network, ma che divergono sull’efficienza dei servizi in un passato parigino segnato dal basso livello della telefonia ed un presente fagocitato dalla fibra ottica. L’irrequietezza e l’indecisione di troncare quest’ultima e disperata conversazione, sono rese dal repentino cambiamento degli stati d’animo della donna che passa da momenti di estrema tenerezza ad altri ricchi di passione e violenza. La Voix Humaine richiedeva una brava interprete come Leona Peleskova, soprano dalla voce originale e adatta ad un francese delicato e carico di sentimenti. La tragedia si conclude così com’è iniziata, con il suono della voce umana, quella della Peleskova che, tra parole soffocate e grida, interpreta splendidamente una conversazione faticosa e sofferta, tra tenerezze, rancori, rimpianti, menzogne e verità e nel canto la sua voce, avvolta da suoni e colori, raggiunge l’apice dell’atto comunicativo immediato e totale.

LORENZA CUOMO
Master in Drammaturgia e Cinematografia
Università degli Studi Federico II