Scritto da Goldoni, ispirato alla Verdad sospechosa dello spagnolo Juan Ruiz de Alarcón, reso sulla scena per la prima volta a Mantova nel 1750, il Bugiardo è affidato ad Alfredo Arias , già noto al pubblico partenopeo con il suo Circo Equestre Sgueglia, rappresentato sul palco del Teatro Napoli Festival nel 2013.
Rivisitazione questa che ha preso le mosse dalla volontà di Geppy Gleijeses, nelle vesti di Lelio, il bugiardo per l’appunto, accompagnato nella vita e sul palco da Marianella Bargigli, nel ruolo di Rosaura. In un ritmo frenetico, si susseguono sulla scena Brighella, Arlecchino e il vetturino interpretati da Lorenzo Gleijeses, Andrea Giordana nel ruolo del mercante veneziano Pantalone, Valeria Contadino nelle vesti di Beatrice e della spumeggiante e romanesca Cleonice, amante di Lelio, il dottor Balanzoni interpretato da Luciano D’amico, Luchino Giordana nei panni del timido Florindo, e Mauro Gioia che presta il suo volto alla maschera Ottavio.
Sulla terrazza suggestiva di piazza D’armi di Castel Sant’Elmo, il pubblico si è potuto affacciare sul Canale della Giudecca, abilmente reso dalle pitture sceniche. Lo spazio evocato dalla location e dalla scenografia è lo stesso che abbraccia la commedia goldoniana: Lelio è nato a Venezia, ha vissuto a Napoli per venti anni ed è ora ritornato a Venezia, città dove l’azione si svolge, quasi interamente per strada, sotto il palazzo del Dottor Balanzoni.
Geppy Gleijeses bugiardo partenopeo alla Giudecca. L’ingegno di Lelio a raccontar ‘’spiritose invenzioni’’ metterà in moto una vicenda intrecciata in equivoci e bugie, speranze nate e ben presto spente, in elementi tradizionali e sorprese teatrali, e in un avvicendarsi di identità inventate e velocemente dimenticate. In una fase iniziale, ci troviamo davanti a una lettura del testo abbastanza fedele all’originale. Ma alla fine del primo atto, gli attori si ritrovano insieme sul palco e, in un inaspettato quadretto di metateatro, interrompono la rappresentazione, discutendo tra di loro su come modernizzare l’opera, sul perché metterla in scena. Vengono evocate la striscia di Gaza, un inserimento del can can, per poi riportare l’attenzione sui problemi di casa nostra: la terra dei fuochi e la disoccupazione. Ecco allora che la Venezia goldoniana verrà alterata dall’inserimento di elementi anacronistici: Rosaura e Lelio regalano un simpatico Twist, una passeggiata romantica, momento della dichiarazione del bugiardo del suo amore per la stessa Rosaura, con palloncini colorati legati a un filo, e infine l’interpretazione della Bambola di Patty Pravo realizzata da Valeria Contadino con cadenza romanesca.
In una sinfonia di accenti veneti, spicca il dialetto di Lelio, estremamente napoletano sia nelle espressioni che nelle movenze. Solare e gioioso, egli si è costruito un mondo parallelo, una realtà in cui tutto è favola, tutto è gioco, tutto è invenzione. Solo a conoscere la sua indole è il suo servo Arlecchino, che pur assecondandolo nelle sue cialtronerie lo invita a prestare attenzione soprattutto a non dimenticare tutte quelle già dette.
Perché si sa le bugie “sono per natura così feconde, che una ne suol produr più di cento, e l’una ha bisogno delle altre per sostenersi”. Sospiri d’amore, matrimoni combinati e matrimoni desiderati, amanti abbandonate e nuove conquiste sfilano in una storia in cui la linea sottile che separa ciò che vero da ciò che è falso sembra continuamente spostarsi. I personaggi sono sospesi in un mondo dove la realtà sfugge, nascondendosi in altre vicende talmente assurde da parer esse stesse vere.
Solo l’epilogo permetterà di ristabilire l’ordine delle cose: Lelio è un bugiardo, il bugiardo per l’appunto. La sua inventiva, la capacità di mentire è il suo elisir della felicità: egli vive solo quando si finge altro. Ma se in Goldoni tale attitudine veniva condannata, in una prima stesura con il carcere, in una successiva con il perdono richiesto dal protagonista al padre, in questa rilettura, dopo l’ammonimento ad amare la verità sempre e comunque, recitato in coro da tutti i personaggi, quasi fosse una liturgia, a un Lelio prostrato e schiacciato dal peso delle sue bugie, assistiamo a una richiesta insolita. Il dottor Balanzoni invita il figlio a continuare a mentire, a non cambiare la sua indole. E d’altro canto come si potrebbe chiedere a un uomo di rinunciare alla propria felicità?
Maria Anna De Caro
Giuseppe Donnangelo