di Daniela Campana, Master in Drammaturgia e cinematografia – Università degli Studi di Napoli Federico II
Hastings Street, Vancouver. Tanya, una ragazza autoctona che come molti indigeni vive da emarginata, si prostituisce per finanziare una dipendenza da eroina. Durante un incidente in strada, la giovane donna conosce Miranda, una pittrice francese trasferitasi in città con suo marito, che diventerà sua amica e cercherà di aiutarla a disintossicarsi; ma proprio quando Tanya decide di ripulirsi, un serial killer (il cui personaggio è basato sulla figura reale di Robert W. Pickton, allevatore canadese di maiali e assassino seriale di donne e prostitute, per la maggior parte autoctone) la uccide nel suo furgone.
Dopo la morte di Tanya, Miranda decide così di dipingere i volti di tutte le donne uccise dal killer (circa 49) e di esporre le sue opere in un centro locale. All’ultimo minuto, si scopre però che la giovane artista non ha richiesto il consenso delle famiglie delle vittime, le quali chiedono di annullare la mostra. Lo spettacolo si conclude con Miranda che, da sola nel suo studio, dipinge, e mediante la sua arte trascende il dolore per quanto accaduto, facendo sì che tutte quelle donne, alla fine, riprendano vita.
“Kanata”, che in irochese significa villaggio, ripercorre duecento anni della storia del Canada, per raccontare le oppressioni subite dagli autoctoni, ma lo fa attraverso lo sviluppo di drammi personali, null’altro che stratagemmi per denunciare drammi sociali. Con questo spettacolo è la prima volta che il Théâtre du Soleil affida la direzione di una propria messinscena ad un regista esterno alla compagnia: Robert Lapage accoglie questo compito e dà vita ad una pièce dal sapore cinematografico, in cui si alternano video, immagini e suoni e si utilizzano prospettive mutevoli e media misti che fanno sì che il palcoscenico si trasformi in qualsiasi cosa: da una stanza da letto a un ristorante, a una casa, un centro accoglienza, una strada, una stazione di polizia o una fattoria.
In “Kanata”, dunque, la prima parte, con le sue sottotrame e i diversi personaggi, racconta in maniera trasversale ciò che è accaduto al popolo indigeno canadese (le donne scomparse e uccise; la prevalenza dell’abuso di sostanze; e la rimozione forzata di bambini autoctoni dalle loro comunità), mentre il turning point dell’uccisione di Tanya, sembra dare il la alla volontà di riportare sulla scena le accuse mosse dagli autoctoni canadesi a Lepage e al Théâtre di Soleil: cioè di voler di raccontare le loro storie senza il coinvolgimento degli stessi. La messinscena, infatti, avrebbe dovuto essere parte di una trilogia, di cui “Kanata” rappresentava una parte, ma a causa delle controversie subite (a cui si fa riferimento nello stesso titolo), le altre due unità che erano state immaginate non verranno realizzate.
Lo spettacolo ha debuttato in prima nazionale il 28 giugno al Teatro Politeama, nell’ambito del Napoli Teatro Festival 2019 ed è andato in scena con gli attori del Théâtre Du Soleil (Shaghayegh Beheshti, Vincent Mangado, Sylvain Jailloux, Omid Rawendah, Ghulam Reza Rajabi, Taher Baig, Aref Bahunar, Martial Jacques, Seear Kohi, Shafiq Kohi, Duccio Bellugi-Vannuccini, Sayed Ahmad Hashimi, Frédérique Voruz, Andrea Marchant, Astrid Grant O Judit Jancso, Jean-Sébastien Merle, Ana Dosse, Miguel Nogueira, Saboor Dilawar, Alice Milléquant, Agustin Letelier, Samir Abdul Jabbar Saed, Arman Saribekyan, Ya-Hui Liang, Nirupama Nityanandan, Camille Grandville, Aline Borsari O Marie-Jasmine Cocito, Man Waï Fok, Dominique Jambert, Sébastien Brottet-Michel O Maixence Bauduin, Eve Doe Bruce, Maurice Durozier) grandemente applauditi alla fine della rappresentazione.