Luigi Tenco non è arrivato a compiere i trent’anni e la sua carriera musicale non copre un solo decennio; eppure è una delle figure più amate della musica italiana: chiunque conosce Vedrai vedrai, Ciao amore ciao, Mi sono innamorato di te, Se stasera son qui o Lontano lontano. La struttura della sua musica è tuttora attuale, prestandosi ad arrangiamenti anche jazzistici nei quali si sono cimentati i più importanti interpreti. Rocco Papaleo accompagna gli spettatori alla conoscenza del Tenco più profondo attraverso un percorso non solo musicale, leggendo brani originali di interviste dello stesso Tenco (selezionati da Stefano Valanzuolo). Con gli arrangiamenti eseguiti da un affiatato quartetto acustico (gli ottimi Guerino Rondolone al basso e contrabbasso, Arturo Valiante al pianoforte, Davide Savarese alla batteria, e Marco Sannini alla tromba) che gli fanno anche da raffinato sottofondo nelle letture, Papaleo interpreta canzoni che sembrano naturalmente scaturire dalle interviste. L’artista lucano non è un cantante, e non tenta di imitare Tenco: ne propone le canzoni come le canterebbe Rocco Papaleo: il risultato è gradevolissimo, e lo spettatore si immedesima nei tormenti del Tenco anticonformista (Ragazzo mio, Io sono uno, Un giorno dopo l’ altro) ed antimilitarista (Cara maestra) lasciandosi anche cullare dalle canzoni d’ amore (oltre a quelle già citate, I tuoi occhi sono fari abbaglianti, portata al successo da Mal, e Uno di questi giorni ti sposerò) nel ricordo di quegli anni, evocati dai pochi oggetti in scena: un magnetofono, un ventilatore vintage, qualche libro e dischi in vinile. L’ artista interloquisce con il pubblico: prima di riprendere lo spettacolo con Vedrai, vedrai  si rivolge ai presenti chiedendo perché siano in sala, cosa pensino e cosa ricordino loro i testi delle canzoni. Inevitabile una nota di malinconia quando, dopo aver ascoltato Ciao amore, ciao, la voce fuori campo di Mike Bongiorno che presenta Tenco ci riporta al Festival di Sanremo del 1967; le parole dell’articolo (necrologio, lo definisce Papaleo) di Quasimodo: “Luigi Tenco ha voluto colpire a sangue il sonno mentale dell’italiano medio” suonano profetiche: dopo solo qualche anno dalla morte del cantante, nel 1973, Amilcare Rambaldi fonderà il Club Tenco, e nel 1974 allestirà la prima Rassegna della Canzone d’Autore, manifestazione che ancora oggi si tiene e che ogni anno è aperta dall’ultima canzone dello spettacolo, la struggente Lontano, lontano. Mentre il mondo della musica italiana cominciava a prendere coscienza che la musica leggera non è sottocultura, ma ha proprie possibilità espressive, il Festival andava avanti: Papaleo chiude riprendendo le parole di Bongiorno appena data la notizia della morte di Tenco: “Renata, qual è la prossima canzone in gara?”, ricevendo scroscianti applausi dal pubblico e lasciando più di qualche spettatore con gli occhi umidi alla fine dello spettacolo.

Domenico Davolos