Un piccolo palcoscenico – visibile da quattro lati e sovrastato da un cubo di plexiglass sulle cui facce sono proiettate immagini di notiziari statunitensi – è il cuore della suggestiva scenografia allestita per lo spettacolo “Il penitente” in scena il 3 e il 4 luglio 2017 presso Palazzo Reale a Napoli.
La pièce scritta da uno dei maggiori drammaturghi statunitensi contemporanei, David Mamet, racconta il dramma – personale e giudiziario – di Charles (Luca Barbareschi), uno psichiatra ebreo ortodosso che si rifiuta di testimoniare a favore di un suo paziente omosessuale responsabile di una strage. In primis, il medico subisce un linciaggio a mezzo stampa perché erroneamente accusato di essere omofobo: successivamente egli viene duramente attaccato – in famiglia e in tribunale – poiché si rifiuta di consegnare il quaderno che riporta il contenuto dei suoi colloqui clinici con l’assassino.
Lo spettacolo, caratterizzato da una fitta trama di dialoghi distribuiti in una sequenza di otto scene, costituisce una feroce critica alle aberrazioni della società di massa contemporanea, ossessionata dal “politicamente corretto” e indifferente alle crisi di coscienza degli individui.
Le schermaglie verbali tra lo psichiatra e i personaggi che si alternano sulla scena avvengono attorno a un tavolo di plastica trasparente che allontana e divide, come a sottolineare l’incolmabile distanza tra le rispettive posizioni ideologiche.
Il protagonista – col tempo – comprende che la lealtà nei confronti della propria famiglia è inconciliabile con il desiderio di attenersi a una condotta eticamente irreprensibile, ma decide ugualmente di portare avanti la sua battaglia personale, senza voltarsi indietro.
L’autore sembra quasi indurre gli spettatori a solidarizzare con Charles – che sceglie di immolare la sua ipocrita esistenza borghese sull’altare di nobili principi etici – fino a quando rimescola le carte con il colpo di scena finale, magistralmente “inferto” dalla protagonista femminile, reduce da un tentato suicidio.
Luca Barbareschi, attore, regista e traduttore della pièce, ha il merito di aver “importato” in Italia un’opera teatrale di grande attualità e di aver incarnato – con struggimento – il dramma umano di un idealista dei giorni nostri; incalzante e credibile è la sua partner di scena, Lunetta Savino, nei panni della moglie – “vittima” e “carnefice” – dello psichiatra. Ottime, inoltre, le interpretazioni di Massimo Reale e Duccio Camerini – nel ruolo di avvocati: entrambi contribuiscono ad alimentare il pathos drammatico nei momenti più decisivi della storia e risultano efficaci nell’imprimere ritmo e vitalità alla rappresentazione.
Allestimento pregevole e raffinato ad opera di Nicoletta Robello Bracciforti (drammaturgia), Tommaso Ferraresi (scene), Anna Coluccia (costumi), Iuraj Saleri (luci), Marco Zurzolo (musiche), Hubert Westkemper (suono) e Claudio Cianfoni (video).

Laura Cascio