“Per quest’ultimo viaggio sulla terra voglio regalare agli uomini il dono del malinteso e del riso”.
Un viaggio che parte dall’antica Grecia per giungere nella Napoli dei giorni nostri, è quello che Teresa Ludovico fa fare alla commedia plautina Anfitrione, andata in scena al Teatro Trianon Viviani a Napoli, nell’ambito del Napoli Teatro Festival.
Il mito di Anfitrione è uno tra i più conosciuti e più ripresi in epoca moderna, reso celebre da Plauto: Anfitrione, valoroso eroe tebano e sposo della bella e incorruttibile Alcmena, è vittima di un inganno, di un furto d’identità da parte del sommo Giove, che ne assume le sembianze per poter unirsi con Alcmena, il tutto reso possibile dall’aiuto di Mercurio, figlio di Giove, che diventa il doppio del servo fedele di Anfitrione, Sosia, così da poter reggere il gioco al padre.
L’Anfitrione di Ludovico recupera gli antefatti del plot plautino, così da poter calare la vicenda nei nostri giorni: porta in scena l’uccisione del padre di Alcmena, Elettrione e la promessa di Alcmena che acconsente al matrimonio con Anfitrione a patto che egli vendichi i suoi fratelli, a loro volta uccisi in una faida familiare. La Ludovico cala la vicenda in un mondo dominato dalla violenza, dove l’unica forma di giustizia è la vendetta privata, dove il valore dei singoli dipende esclusivamente dalla capacità di affermarsi e di conquistare il potere sugli altri e il rispetto degli altri, insomma sceglie come ambientazione il mondo della delinquenza, trasformando la lotta tra Anfitrione e i fratelli della sua sposa in una lotta tra clan camorristici. Anfitrione diviene così un autentico boss, affiancato da Alcmena che veste i panni della donna d’onore.
La Ludovico riesce ad attualizzare un testo così antico, in modo convincente attraverso la scelta di un linguaggio dialettale, di un gergo carico di riferimenti che va dal teatro scarpettiano-eduardiano a quello di Gomorra e alle canzoni neomelodiche.
Lo spazio scenico, curato da Vincent Longuemare, si presenta vuoto con sono solo sei specchi che serviranno ai sei bravissimi attori (Michele Cipriani, Irene Grasso, Demi Licata, Alessandro Lussiana, Michele Schiano Di Cola, Giovanni Serratore) per creare un gioco spettacolare di ombre e riflessi, che riesce a catturare l’attenzione e l’ilarità del pubblico. Il tutto accompagnato dalle musiche del Maestro Michele Jamil Marzella, che con l’utilizzo della doppia sonorità dei due strumenti, trombone e radong (tuba tibetana), riesce a fondere perfettamente dimensione umana e dimensione  divina.

Bianca Brancati
Master in Drammaturgia e cinematografia
Università degli Studi di Napoli Federico II