ideazione e coreografia Radhouane El Meddeb
con Youness Aboulakoul, Philippe Lebhar, Rémi Leblanc-Messager, Arthur Perole
collaborazione artistica Moustapha Ziane
scenografia Annie Tolleter
light design Xavier Lazarini
sound design Stéphane Gombert
video Cécile Perraut in collaborazione con Feriel Ben Mahmoud
direzione tecnica Xavier Lazarini
amministrazione e produzione Thomas Godlewski
produzione e distribuzione Gerco de Vroeg
produzione La Compagnie de SOI
in coproduzione con CENTQUATRE-PARIS, le Centre Chorégraphique National de Montpellier Languedoc-Roussillon programme résidences, Centre de Développement Chorégraphique Toulouse / Midi-Pyrénées accueil en résidence, la Filature Scène nationale de Mulhouse, la Ferme du Buisson Scène nationale de Marne la Vallée, le WIP Villette.
con il sostegno alla produzione di Arcadi Île-de-France
e il sostegno alla creazione di DRAC Île-de-France, la Fondation Beaumarchais et le Centre National du Théâtre
Radhouane El Meddeb è artista associato di CENTQUATRE-PARIS. La compagnia SOI è sovvenzionata da DRAC Île-de-France / ministère de la Culture et de la Communication au titre de l’Aide aux Compagnies chorégraphiques.
Teatro Trianon Viviani
27 giugno 2018 ore 21.00
durata 1 ora
«Questo lavoro – scrive Radhouane El Meddeb – era in origine un progetto di cabaret, ma nel corso delle prove e degli eventi politici, si è evoluto in qualcosa di più radicale. Ho capito che non potevo utilizzare la forma del cabaret per celebrare un mondo scomparso.
Gli Arabi hanno a lungo vissuto ritmi magici, quelli dei film degli anni 40, 50, 60 e 70… con la loro magia, i loro fondali di cartapesta e le atmosfere finte e pacchiane. Gli attori cantavano incessantemente, danzavano, si amavano sui grandi schermi del cinema, e poi su quelli piccoli dei televisori nei salotti di famiglia. Senza condanna e senza censura, noi vogliamo contemplare il mondo brillante, laccato e truccato di questi semi-dei della commedia, seguire i loro drammi e le loro emozioni, canticchiando i canti che loro intonavano.
A quell’epoca, la danza del ventre era al centro di tutto: entrava in scena nel bel mezzo del film o dello spettacolo e diventava la protagonista assoluta. I nostri sguardi affascinati convergevano nel ventre e nell’ombelico. Oggi che anche la nostalgia sembra lontana, mentre ripensiamo a questa età d’oro, a questi anni di gloria e di grandi abbagli, è evidente che la danza araba appaia come epicentro delle future scosse, l’ombelico sembra vibrare e torcersi sul bordo del precipizio, flirtando con il caos.
La violenza del nostro mondo ha penetrato la cartapesta dei fondali, li ha capovolti per decretarne la fine, la fine di un tempo che è solo illusione, un’illusione dolce, zuccherata, rotonda. Au temps où les Arabes dansaient… è l’eco lontana di questi canti e queste danze, colti nella tenerezza della speranza e del ricordo, nel fervore dei cuori e dei corpi. È anche una delle facce di un presente crudele, noioso e colpito dallo stupore».
Formatosi presso l’Istituto di arte drammatica di Tunisi, Radhouane El Meddeb collabora con Fadhel Jaîbi, Taoufik Jebali e Mohamed Driss, poi nel 2005 in Francia sviluppa un proprio universo coreografico per firmare la sua prima creazione, Pour en finir avec MOI, un solo che si presenta come un’introspezione intima. Dopo numerose collaborazioni teatrali, scegliendo di passare dal teatro alla danza, crea diversi solo tra cui Quelqu’un va danser… e Je danse et je vous en donne à bouffer. Seguono un solo in collaborazione con Thomas Lebrun e, nel 2014, un secondo lavoro di gruppo, Au temps où les arabes dansaient…. Nel 2015 e 2016 crea Heroes, prélude e Heroes, oltre ad un omaggio al padre. Di fronte a temi come la partenza, l’assenza, la solitudine, il coreografo avverte il bisogno viscerale di interrogare la sua doppia cultura e la rottura che la caratterizza realizzando per il Festival d’Avignon 2017 Face à la mer, pour que les larmes deviennent des éclats de rire con artisti tunisini.