Ph Salvatore Pastore
un progetto di Renato Carpentieri
con (o.a.) Renato Carpentieri, Ilaria Falini, Valeria Luchetti, Maria Grazia Mandruzzato, Fulvio Pepe
regia Renato Carpentieri
scene Arcangela Di Lorenzo
costumi Annamaria Morelli
disegno luci Cesare Accetta
musiche Federico Odling
direzione di scena Amedeo Carpentieri
assistente alla regia Serena Sansoni
produzione Associazione culturale “IL PUNTO IN MOVIMENTO”
23, 24 giugno 2018: Due appuntamenti giornalieri
Nel rispetto delle norme di sicurezza richieste dal Consolato dell’Institut Français Napoli, gli spettatori che si recheranno allo spettacolo sono pregati di munirsi di documento di identità e di presentarsi mezz’ora prima dell’orario di inizio per consentire lo svolgimento delle pratiche di ingresso.
LA CADUTA, Institut Franҫais de Naples, ore 18.00
durata 1 ora
Il primo appuntamento si svolge nel tardo pomeriggio nei giardini dell’Istituto di cultura Francese e ha per protagonista Renato Carpentieri che inventa una riduzione per la scena del romanzo “La caduta” di A. Camus, con l’accompagnamento al violoncello di Federico Odling. Pubblicato nel 1956, un anno prima che Camus ricevesse il Premio Nobel e quattro anni prima della sua morte, “La caduta” è un notevolissimo monologo in cui un ex-avvocato di successo fa, da virtuoso, una confessione pubblica. Si accusa per lungo e per largo con ironia e sarcasmo, di colpe, di debolezze, di egoismi, moltiplicando sfumature e digressioni, per costruire una maschera in cui tutti possano arrivare a riconoscersi e a giudicarsi. È Giudice penitente. Ma questo progetto, portato avanti con tenacia, si scontra con la nostalgia dell’innocenza e dell’abbandono.
IL MALINTESO, Galleria Toledo, ore 21.00
durata 1 ora e 30 min
Ne “Il Malinteso” si trova l’essenziale dei temi cari a Camus: la solitudine dell’uomo, le sue aspirazioni alla gioia, i suoi appelli all’amore, l’esilio, il suo desiderio folle di felicità che gli è negata da un Dio, irriconoscibile e indifferente, separato dalla sua creazione, la rivolta contro un universo che non è a sua misura. Senza dimenticare che la rivolta (lo slancio verso le terre del sole, che simboleggia l’aspirazione a raggiungere una Bellezza che sempre di più la grigia civiltà del XX secolo rifiuta agli uomini) deve imporsi dei limiti: prima di tutto il rispetto della vita umana.
La storia è una variante di una vecchia leggenda popolare, quella del soldato ricco di un grosso bottino al ritorno dalla guerra e ucciso dai suoi parenti. O altrimenti il figliuol prodigo: “Il Malinteso” rovescia la parabola dei Vangeli mostrando il fallimento tragico di quel ritorno. Jan, dopo molti anni di lontananza, torna nella sua casa natale, da sua madre e sua sorella che non lo riconoscono e, sopraffatte da una vita meschina e miserabile, finiscono per uccidere quello che per loro è solo un cliente del loro albergo, per derubarlo. L’assurdità della situazione dei personaggi (in particolare di Jan, maldestro zimbello di un destino che ha contribuito a forgiare) all’interno di quest’albergo che, spogliato da ogni effetto di realismo per farne un luogo simbolico, paese cupo del Nord-Europa, si richiude su essi come una trappola, è evidenziata dallo stesso titolo della pièce. ‹‹Tutta la sventura degli uomini deriva dal fatto che non usano un linguaggio semplice. Se l’eroe del Malinteso avesse detto: “Eccomi, sono io e sono vostro figlio”, sarebbe stato possibile il dialogo, non più fondato sul nulla come nel dramma (…). Ciò che fa da contrappeso all’assurdo è la comunità degli uomini in lotta contro di esso…››, nota Camus nei suoi Taccuini verso la fine del 1945.