spazi scenici Luigi Ferrigno
con gli allievi del biennio di Scenografia per il Teatro dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli
Chiara Carnevale, Otello Ciarciaglini, Tiziana D’Alessandro, Alessandra Di Martino, Paolo Iammarone, Grazia Iannino, Fabio Marroncelli, Antonio Nardelli, Giulia Nocerino, Laura Simonet, Giulia Suriano
Mi è sempre piaciuto immaginare lo sport come una sorta di variante tutta fisica dell’arte. L’immediatezza del gesto atletico mi ricorda ogni volta quella interazione e quella sintesi, tra istinto ed elaborazione analitica cui sottendono anche i processi creativi di un artista. Le fasi di pulsione, coordinamento, stilizzazione ed estetizzazione dell’azione motoria, mi sembrano ricalcare l’andamento dinamico e logico del realizzarsi di un segno d’arte. Lo sport, insomma, proprio come l’arte, sperimentando continuamente la conoscenza del limite, mi pare si occupi nel modo più estremo anche se, forse, meno consapevole delle scaturigini profonde dell’essere umano. D’altro canto il laboratorio di Fidia di fianco alla palestra dei pugilatori nella città di Olimpia, lo studio sul movimento fisico dei giucatori di palla al maglio che, nel manoscritto I, Leonardo consigliava ai pittori rinascimentali, sino, per amore di sintesi, all’infatuazione cromatica e geometrica dei futuristi per la spazialità del moto o al proverbiale attore come “atleta del cuore” di Artaud, sono testimonianze articolate e puntuali della naturale relazione esistente tra sport ed arte. Sono segni emblematici di due ricerche affini “parallele e coincidenti”. SportOpera nasce come un osservatorio attivo in cui recuperare proprio questa originale relazione. Propone e provoca esercizi di stile sulle connivenze tra lo sport e le varie declinazioni dell’arte. Riesanima e rianima l’originario spirito ri-creativo dello sport profondamente falsato da quella scissione, verificatasi nel secondo ‘900, del teorico-intellettuale dalla totalizzante attività dei sensi che è il gioco. Una frattura culturale che ha progressivamente consegnato le emozioni e le passioni (legate come necessità al gioco stesso) al sistema parassita del capitale. È questo esercizio di pensiero intorno all’arte e allo sport che ha restituito gli spazi dell’Accademia, dove l’arte appunto si prepara e comincia a concretarsi, come luoghi naturali e inevitabili per il compiersi del gioco dello sport, come campo ideale del suo svolgersi e spiegarsi. Sale di scultura, gipsoteca, sale di scenografia, aule magne diventano palestre dove la plastica del corpo cerca consonanze e dialoghi con le figure musicali della parola e del racconto. Il teatro, la letteratura diventano installazioni narranti e l’attore, e l’atleta, ricercano radici e forma remote e comuni.
Claudio Di Palma