Ph Wonge Bergmann
ideazione e regia Jan Fabre
testo di Johan De Boose
con Annabelle Chambon, Cédric Charron, Tabitha Cholet, Anny Czupper, Conor Thomas Doherty, Stella Höttler, Ivana Jozic, Gustav Koenigs, Mariateresa Notarangelo, Çigdem Polat, Annabel Reid, Merel Severs, Ursel Tilk, Kasper Vandenberghe and Andrew James Van Ostade
musiche Raymond van het Groenewoud, Andrew Van Ostade
drammaturgia Miet Martens, Edith Cassiers (ass.)
costumi Kasia Mielczarek, Jonne Sikkema, Catherine Somers (cappelli carnevaleschi)
stagista costumi Monika Nyckowska
sartoria ateliers du théâtre de Liège
capo tecnico Andre Schneider
direttore di produzione Sebastiaan Peeters
tecnico Wout Janssens
segue il processo di creazione nell’ambito di P.U.L.S. (Project for Upcoming Artists for the Large Stage) Timeau De Keyser
assistente alla regia Nina Certyn
direttore tecnico André Schneider
direttore di produzione Sebastiaan Peeters
tecnico Wout Janssens
produzione Troubleyn/Jan Fabre (Antwerpen, BE)
coproduzione Impulstanz Vienna International Dance Festival (AT), Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia, Théâtre de Liège (BE), Concertgebouw Brugge (BE)
produzione e coordinamento in Italia Aldo Miguel Grompone
Italia
Anteprima mondiale
Teatro Politeama
1 luglio 2017, ore 20.30
2 luglio 2017, ore 19.00
durata 4h
Artista dedito alla provicazione e agli scandali che ha fatto dell’incrocio tra le arti l’elemento caratteristico della sua poetica visionaria, Jan Fabre con Belgian Rules fa un omaggio alla terra madre come Fellini ha fatto con la sua Roma. Dopo aver realizzato istallazioni e performance che celebrano l’universo animale e le pulsioni umane che di quel mondo sono partecipi e avversarie allo stesso tempo, il regista, scultore e coreografo belga, celebra il volto complesso del suo “pazzo paese”.
Il Belgio è uno “stato nano”, un minuscolo territorio in cui convivono tre regioni e si parlano tre diverse lingue. Ma è anche uno stato instabile che i vicini usano come palcoscenico di guerra. I suoi abitanti sono schiacciati da burocrazia e formalità, ma sono anche dei sovversivi. La parola razionale non riesce a rappresentarne tutte le sfaccettature e per farlo, Fabre usa il linguaggio più adatto ad afferrare quello che definisce il suo “viscido paese”, ossia la lingua immaginifica del teatro.
«I belgi godono, mangiano e bevono fino a farsi scoppiare la pancia. Patatine! Birra! Waffels e cioccolato! Celebrano la tavola e la carne. Nesuno deride il belgio più di se stesso. È una terra che dà rifugio ad una razza di scansafatiche e imbroglioni. O nobile Belgio, o madre viscida! Non fatevi coinvolgere dall’ondeggiare di bandiere e dalle feste scoppiettanti, a cui siete invitati. L’epica di questo strano regno non è il nazionalismo, ma la storia della sua totale assenza. Benvenuti ad Assurdilandia!».