Un corpo puntellato di luci accende lo spettacolo Les aiguilles et l’opium di Robert Lepage, in scena il 29 e 30 giugno al teatro Politeama. Una costellazione di punti illuminati: le coordinate attraverso cui si orienta l’agopuntore per praticare la sua arte di alleviare le sofferenze del fisico.

Ecco la riflessione che ne segue: una tecnica in grado di guarire qualsiasi pena, meno che l’angoscia, la scarsa autostima e un cuore infranto. Tre sono i personaggi, tre le storie raccontate distanti nel tempo e nello spazio ma legate da un fil rouge che le attraversa: il dolore della perdita. La prima, quella di Robert, parlata, spiegata, scolpita efficacemente dalla maestria di Marc Labrèche; l’altra, quella di Miles Davis, Wellesley Robertson III, invocata da una serie di immagini di una Parigi e una New York in bianco e nero e tratteggiata dall’unica voce udibile, la musica della sua tromba; la terza, quella di Jean Cocteau, citata, letta e portata in vita dalle sue pagine di Lettera agli Americani e Oppio.

La modalità di racconto è cinematografica, un montaggio parallelo, che mette insieme le diverse sequenze, come tappe di un percorso che si costruisce e acquista, man mano, il suo senso compiuto. Lo spazio scenico è limitato, una sezione di un cubo, che, come un dado, si muove e gira su se stesso, trasformandosi, di volta in volta, in base alle necessità del momento: da camera d’albergo a studio di registrazione, da locale notturno a schermo per le proiezioni.

Evocativo e suggestivo, ironico ed irriverente, lo spettacolo diverte ma nasconde un sottinteso malinconico e nostalgico che si palesa nella parte finale, in cui si dipana la matassa e si riavvolge il filo. Quando si è affetti da un crollo emotivo dovuto all’astinenza amorosa, è necessario sostituire l’oggetto della dipendenza, tale da poter sublimare la propria inquietudine ed essere trasferiti in un’altra dimensione. Nel caso di alcuni artisti, poi, il tormento è la mano invisibile che guida il processo creativo. Ma come è possibile lenire il dolore o trasformarlo in arte se non si è Jean Cocteau o Miles Davis?

 

Angela Bottigliero