DI MICHELE SANTERAMO
REGIA VERONICA CRUCIANI
CON MASSIMO FOSCHI, MANUELA MANDRACCHIA, MICHELE SINISI, GIANNI D’ADDARIO, MATTEO SINTUCCI
SCENE E COSTUMI BARBARA BESSI
LUCI GIANNI STAROPOLI
MUSICHE PAOLO COLETTA
PRODUZIONE TEATRO DI ROMA
DATE 22, 23, 24 GIUGNO (ORE 20.00)
LUOGO CASTEL SANT’ELMO – SALA DEI CANNONI
DURATA 1H 30MIN
LINGUA ITALIANO
In Preamleto Michele Santeramo, partendo dall’Amleto di Shakespeare, racconta cosa succede prima della morte di Re Amleto, analizzando in chiave contemporanea il concetto di potere.
«Il potere a questo serve: a continuare a comandare. Questa è una delle battute che Gertrude pronuncia per convincere un malandato Re Amleto a prendere l’unica decisione che le pare giusta. Il potere assoluto dei regnanti, cui il testo si ispira trattando di quel che accade prima dell’Amleto di Shakespeare, fino all’apparizione del fantasma di Re Amleto, è oggi riscontrabile solo nelle dinamiche della mafia. A quelle si ispira la scrittura: parole come dignità, onore, rispetto, sembrano ormai relegate ad un mondo che conserva la struttura dittatoriale di uno che comanda e di altri che eseguono. Re Amleto è malato: non ha più memoria. Non ricorda niente, nemmeno chi sia sua moglie, né chi sia suo figlio Amleto, né tantomeno a quale faccia corrisponda suo fratello Claudio. Non ricorda niente ma comanda ancora, ha ancora potere di vita e di morte su tutti, come un capomafia. Indagare su quel che può accadere prima dell’Amleto significa scoprire sfaccettature dei personaggi che nel testo scespiriano rimangono solo alla fantasia dello spettatore. Perché Claudio e Gertrude decidono di spodestare Re Amleto? Perché Amleto non riesce a proteggere suo padre? È proprio vero che Re Amleto appare a suo figlio come un fantasma, o non è piuttosto ancora una volta il puro meccanismo del teatro a far credere ad Amleto che suo padre sia morto? Ovviamente, la perdita continua della memoria produce nel personaggio del Re una tenerezza e una forza comica che sono parti centrali del testo, accompagnate dalla presenza di Polonio, consigliere timoroso, sempre indeciso, pronto comunque ad “accorrere in soccorso dei vincitori”, come molte figure di questa Italia».