DI INGMAR BERGMAN
DURATA 1H+44MIN
INTRODUZIONE DI CINZIA CORDELLA CON LETTURE DA LANTERNA MAGICA DI INGMAR BERGMAN
LA VISIONE SARÀ PRECEDUTA, ALLE ORE 21.00, DA LAMPI SULLA SCENA – DUE LEZIONI DI STORIA DEL TEATRO – LA SCENA ELISABETTIANA DA WILLIAM SHAKESPEARE A JOHN FORD
LAMPI SU WILLIAM SHAKESPEARE
INTERPRETAZIONI DI MARIA TERESA PANARIELLO
CAPODIMONTE – GIARDINO DEI PRINCIPI
1 LUGLIO ORE 22.00
Realizzato nel 1980, Un mondo di marionette (Aus dem Leben der Marionetten) è un film suddiviso in “capitoli” didascalici, definiti brechtiani dallo stesso Bergman.
Il film si basa su una trama costruita in flashback e flashforward costanti. Il punto nevralgico è l’omicidio di una prostituta commesso da Peter, sequenza che avviene all’inizio a colori per poi passare al resto del film in bianco/nero. Da questo atto estremo si estendono i rami della trama, il rapporto con la moglie Katarina, il rapporto con il dottore psichiatra Mogens Jensen.
I rapporti umani si intrecciano e svelano le loro luci coloratissime, lunari e spente mentre la polizia indaga.
Nel loro teatro angusto, questi personaggi sono mossi da fili molto corti, e regolati da un Artefice crudele in modo che la legge di gravità li domini completamente, trascinandoli inesorabile verso la catastrofe (“catastrofe” è parola che ricorre sei volte nei tredici cartelli che introducono i segmenti del film, sempre riferita alla notte dell’assassinio). Tutto è già così determinato, nel loro destino, che il film si apre sulla catastrofe avvenuta: a suo modo un film di genere, uno psicothriller che procede a ritroso verso la propria sorgente esistenziale.
Un mondo di marionette è l’ultimo film di Bergman realizzato con attori tedeschi nel periodo di “esilio” del regista in Germania dovuto a problemi con il fisco svedese.
Bergman ricordava: “Alcuni anni fa scrissi un soggetto non del tutto riuscito che s’intitolava ‘Amore senza amanti’. Era diventato un panorama della vita in Germania occidentale, credo fosse pervaso dalla rabbia impotente del prigioniero, la cosa certa è che non era giusto.
Da questo gigante morto di morte naturale tagliai una fetta di carne che divenne un film per la televisione con il titolo Un mondo di marionette Non piacque, ma è uno dei miei film migliori, opinione questa condivisa da pochi”.
In Un mondo di marionette Bergman subisce il fascino della Nuova filmografia tedesca, la cui vetta s’incarna nell’opera di R. W. Fassbinder. L’influenza è in primis al livello iconico, d’immagini, con il bianco e nero acceso, spiazzante, livido (il film è in bianco e nero tranne la sequenza iniziale e quella finale). Ma anche l’ambientazione della vicenda in locali squallidi, la presenza del mondo della prostituzione, e un’alienazione estrema dei rapporti umani raffigurati (marionette, appunto), sembrano alludere alle radicali derive umane dei film fassbinderiani.