DA PHILIP ROTH
DRAMMATURGIA E REGIA LAURA ANGIULLI
CON PAOLO AGUZZI, FEDERICA AIELLO, GIOVANNI BATTAGLIA, LUCIANO DELL’AGLIO, ALESSANDRA D’ELIA, CARLO DI MAIO, STEFANO JOTTI, ANTONIO MARFELLA, GINESTRA PALADINO, CATERINA PONTRANDOLFO, CATERINA SPADARO, FABIANA SPINOSA
IMPIANTO SCENICO ROSARIO SQUILLACE
PROGETTO LUCI CESARE ACCETTA
ILLUMINOTECNICA LUCIO E LUCA SABATINO
ASSISTENTE MARTINA GALLO
AIUTO MACCHINISTA SAMAN MUNASINHA MUDIYANSELAGE
DIRETTORE DI SCENA CLELIO ALFINITO
AMMINISTRAZIONE NICOLA CASTALDO
SEGRETERIA ANNA FIORILE, ROBERTA TAMBURRELLI
COMUNICAZIONE LORENZA PENSATO
COLLABORAZIONE ALLA RICOSTRUZIONE STORICA LAVINIA D’ELIA
PRODUZIONE IL TEATRO STABILE INNOVAZIONE GALLERIA TOLEDO

GALLERIA TOLEDO
18, 19
SETTEMBRE ORE 21.00 DURATA 1H+30MIN DEBUTTO

Due figure femminili abilmente sviluppate da Philip Roth sono al centro delle opere che s’intendono rappresentare, preludio a una terza produzione ispirata al novel Scandalo a Praga dello stesso autore, già prevista per l’adattamento e la regia di Antonio Piccolo nel prossimo autunno.
La vitalità e la fervida competenza narrativa di Roth sollecitano suggestioni nel lettore aduso a rimaneggiamenti per la scena, che da quella materia che straborda di rigurgiti creativi e d’irrefrenabile impeto vitale, quasi ossessivamente sospinto da temi incalzanti – legame con le radici ebraiche; pulsioni verso inconsuete manifestazioni di una sessualità di confine, utilizzata a segno di relazione violenta con la materia-vita; ingombrante presenza della figura materna..- se ne lascia trasportare per autonome appropriazioni e divagazioni.
Nella sterminata produzione di Philip Roth – autore americano di derivazione ebrea – la figura femminile compare solitamente in posizione molto marginale ma nella Lucy, protagonista di Quando lei era buona, si disegna un profilo umano di sorprendente densità letteraria con ricadute drammatiche di abbagliante folgorazione; un’essenza, “qualcosa del supereroe senza i poteri”, non lontana dalla materia oscura di shakespeariana memoria.
“Una grande, poderosa tragedia terribile come la vita”, ebbe a scrivere Stanley Elkin a proposito di quest’opera; eppure gli spunti comici non mancano, perché questo romanzo proprio come la vita è tanto divertente quanto terrorizzante, e i personaggi si definiscono nell’espressione di sentimenti in ogni caso contrapposti tra desideri e rifiuti, anelito alla “bontà” e ferocia. Di partenza, un grande quadro della vita americana e dei suoi sentimenti, eppure nel tracciato delle contraddizioni e delle violenze che vi si rappresentano i confini territoriali si dilatano a un’evidente universalità, tanto da lasciare ipotizzare una più ampia collocazione della pièce che potrebbe venirne, per un’auspicabile messinscena.
Lei è oppressa da un matrimonio umiliante, Lui è uno scrittore di mezza età: sono gli amanti osservati nello sviluppo di un fluente articolato dialogico al seguito di amplessi amorosi, dove tutto dice l’assenza di felicità.
Il parlare serrato, scherzoso e ironico, si concretizza in uno spaccato di sostanziale drammaticità, e nell’intimità adulterina si aprono squarci per l’osservazione di una realtà senza prospettive; vite umilianti per compromessi al limite dell’accettazione. L’opera è ambientata in Europa, in una Londra che dice tutto di un vuoto esistenziale senza rimedio, e che s’accompagna a un senso di malintesa liberalità, nella distrazione dai ruoli e dai vincoli istituzionali, d’ inefficacia di sentimenti forse presenti ma comunque negati , nell’illusione dell’ andare avanti comunque… Ma tutto sommato, anche in questo caso, l’indicazione geografica non vincola, perché le dinamiche sentimentali volte al negativo, la difficoltà di gestione della vita e dei rapporti si definiscono  con ricorrenza in ogni cultura, e in ogni dove. Infine negli ultimi capitoli, per un autobiografismo forse non solo letterario, s’affaccia il personaggio-autore con accattivante ipotesi di presenza per una schizofrenia tutta da indagare fra scrittura e evento reale, fra autore e personaggio, fra parola detta e parola scritta, in definitiva fra arte e vita.

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ph Ivan Nocera – ag Cubo