A CURA DI RENATO CARPENTIERI E CLAUDIO DI PALMA
CON RENATO CARPENTIERI E GLI ALLIEVI DELLA SCUOLA DEL TEATRO STABILE DI NAPOLI PASQUALE APRILE, FRANCESCA CERCOLA, CHIARA CUCCA, MIRIAM DELLA CORTE, MATTEO DE LUCA, VALENTINA DI LEVA, MANUEL DI MARTINO, ENRICO DISEGNI, ANTONIO ELIA, GIULIA ERCOLINI, ELEONORA FARDELLA, ANGELICA GRECO, VALENTINA MARTINIELLO, SIMONE MIGLIETTA, GIANLUIGI MONTAGNARO, GIOVANNI NARDONE, GIULIA PISCITELLI, FEDERICO SIANO, SALVATORE TESTA, ANTONIO TURCO
REGIA RENATO CARPENTIERI
SCENE ARCANGELA DI LORENZO
COSTUMI ANNAMARIA MORELLI
ASSISTENTE ALLA REGIA VALERIA LUCHETTI
DIRETTORE DI SCENA TERESA CIBELLI
DATORE LUCI ANGELO GRIECO
FONICO DANIELE PISCICELLI
MACCHINISTA DOMENICO RISO
ELETTRICISTA PASQUALE PICCOLO
AIUTO FONICO DIEGO CONTEGNO
SARTA FRANCESCA COLICA
FOTO DI SCENA MARCO GHIDELLI
REALIZZAZIONE SCENA TECNOSCENA
ACCESSORI SARTORIA DI DOMENICO
MATERIALE FONICO E ELETTRICO OPERA 26, GELATO EQUIPMENT, DELTA MUSIC
PRODUZIONE TEATRO STABILE DI NAPOLI – TEATRO NAZIONALE
IN COPRODUZIONE CON FONDAZIONE CAMPANIA DEI FESTIVAL – NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA
SCENA APERTA
Rassegna realizzata dal Teatro Stabile di Napoli-Teatro Nazionale in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli e la Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia, con il contributo di Italgas
MASCHIO ANGIOINO
DAL 24 AL 26 LUGLIO ORE 21.00
DURATA 1H+30MIN
PRIMA ASSOLUTA
I racconti di Cechov, Catastrofe di Beckett, L’acquisto dell’ottone e Der Tui-Roman di Brecht: sono alcuni dei testi che gli allievi del secondo anno della Scuola del Teatro Stabile di Napoli (secondo triennio) hanno studiato nelle ultime settimane sotto la guida di Renato Carpentieri e Claudio Di Palma. Il risultato dei loro studi è uno spettacolo che Carpentieri definisce in maniera molto particolare: «È uno gliommero in cui si intrecciano e si agitano frammenti del Teatro del Novecento, in forma di Rivista, ovvero come presentazione di numeri, ad uso degli allievi: una linea di ricerca che vuole privilegiare la forma breve e quindi la sobrietà e la leggerezza, in un singolare montaggio. Invece di progettare uno spettacolo organico e compiuto (che, a prescindere dalla qualità, ha una struttura ingessata, sia dal punto di vista del tempo, sia dal punto di vista della gerarchia dei ruoli), abbiamo sentito il bisogno di frantumare il lavoro in altre forme più dimesse, più modeste. Metteremo in scena frammenti di convivenza umana, secondo punti di vista differenti come in un Varietà o Kabarett ideale. E, per fare questo, siamo andati a rovistare, muovendo, spostando, aprendo carte, testi, esercizi e abbiamo interrogato giganti della scena: da una parte “occorre risvegliare la memoria del teatro e ridestandola trovare un linguaggio moderno” (come diceva la Picon Vallin, studiosa di Meyerch’old) e dall’altra approfittare della libertà degli inizi, che appartiene ai giovani. Con l’attore sperimentato si lima, si elimina; il giovane attore si libera, gli si dà fiducia, purché si conservi il senso e l’intelligibilità. È un esperimento che vale la pena di fare».