da un romanzo di Banana Yoshimoto
adattamento di Giorgio Amitrano
regia Carmelo Rifici
Paese: Italia | Lingue: italiano
Teatro San Ferdinando – 13-14/06/2008

testo commissionato dal Napoli Teatro Festival Italia
produzione Napoli Teatro Festival Italia e Mercadante – Associazione Teatro Stabile della Città di Napoli

Banana riprende in questo libro, lieve e profondo, alcuni dei suoi temi ricorrenti, la solitudine e la famiglia come invenzione, contrapponendo, come in Kitchen, alla famiglia biologica un nucleo familiare non convenzionale formato in base a scelte affettive. (…)
Il romanzo ha, come si sarà dedotto da questa breve sinossi, una trama esile. Accade poco, e quel poco che accade ha spesso luogo fuori scena, ed è raccontato ai margini della narrazione. (…)
Come rendere in teatro un testo che si presenta così impervio a una trasposizione drammaturgica? I personaggi sono pochi e hanno poche battute. Sfortunatamente persino l’antagonista della narratrice, Chie-chan, parla poco essendo di natura introversa. Costruire intorno a questi elementi un copione classico sarebbe difficile. Bisogna trovare un’altra soluzione che mantenga viva e l’attenzione del pubblico senza però sacrificare il flusso di pensieri della narratrice che nel romanzo è tutto. Come restituire questo “stream of consciousness” in una forma diversa da un monologo?
(Giorgio Amitrano, dalla “Presentazione” a Chie-chan e Io) Note di regia di Carmelo Rifici
(…) Commenta Amitrano: “come rendere in teatro un testo che si presenta così impervio a una trasposizione drammatur- gica? Bisogna trovare una soluzione che mantenga viva l’attenzione del pubblico senza sacrificare il flusso di pensieri della narratrice che nel romanzo è tutto. Come restituire questo stream of consciousness in una forma diversa dal monologo? Ho immaginato il testo di Banana, cioè il monologo interiore di Kaori, fluire attraversando le voci,i volti, i corpi di quattro attrici, come in un gioco polifonico che solo ogni tanto si solidifica in scene tradizionali, nelle quali il testo è diviso in un gioco di battute che rimbalzano in personaggi riconoscibili.”
La vicenda sarà rappresentata in uno spazio minimalista e rarefatto, moderno e nello stesso tempo esteticamente pensato sulla tradizione zen. Ciò che mi preme raccontare è la MANCANZA DI RADICI delle protagoniste, la loro ossessione a ricreare una nuova tipologia di famiglia e quindi un nuovo tipo di luogo in cui vivere. La scena dovrebbe avere una tale leggerezza da dare allo spettatore l’idea del volo, di uno spazio agile e in continua trasformazione (senza radici appunto): un aereo, un ristorante, una boutique e una casa che non è una casa ma un assemblaggio di moduli bianchi e “svelti”. Abiti che entrano in scena come se “apparissero”, e, con la stessa facilità, un tavolo da pranzo che si trasforma in un letto di ospedale, o di una poltrona di un cinema che diventa il sedile di un aereo,… tutto affinché si possa restituire allo spettatore il commovente tentativo di Banana di trovare un nuovo ed equilibrato spazio vitale.