DI: LEONARDO VINCI
REGIA: GUSTAVO TAMBASCIO
DIREZIONE D’ORCHESTRA: ANTONIO FLORIO
durata: 3h | Paese: Italia, Spagna | Lingue: italiano, spagnolo
Teatro di San Carlo – 27/06/2009, 20:30
COPRODUZIONE: NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA, INAEM – ISTITUTO NACIONAL DE LAS ARTÉS ESCÉNICA Y DE LA MUSICA, CENTRO DI MUSICA ANTICA PIETÀ DE’ TURCHINI.
Partenope, protagonista dell’opera di Leonardo Vinci con la regia di Gustavo Tambascio e la direzione d’orchestra di Antonio Florio, è la sirena-regina che diede vita alla città di Napoli: nella trama, in cui il librettista Silvio Stampiglia affianca, in linea con lo stile barocco, fatti storici a duelli e vicende amorose, il mito della regina di Tessaglia si intreccia con quello della sirena sconfitta da Ulisse, dal cui corpo emerso a Posillipo ebbe origine la città partenopea. La de- dica di Smpiglia, nel 1699, alla Contessa Medinaceli nasconde un omaggio celebrativo alla sua città: il mito di Partenope fu riscoperto dagli intellettuali napoletani proprio in epoca barocca, per mantenere e celebrare la propria identità culturale durante il periodo di dominazione spagnola. L’opera, presentata da Vinci al Carnevale di Venezia del 1725, segna il successo anche internazionale del compositore ma anche del mito e di quella che poi divenne celebre come “scuola napoletana”.
«La messinscena archeologica o “storicistica” del barocco, pur non essendo più un enigma nel suo complesso, continua tuttavia ad esserlo in aspetti di importanza trascendentale, come la comunicazione col pubblico. Le posture fisiche dei cantanti risultavano rigorosamente codificate e ciò costituiva una consuetudine, sedimentata nel corso dei decenni, che il pubblico era in grado di comprendere senza alcuna necessità di spiegazioni. Il pubblico dell’età barocca conosceva perfettamente i sentimenti, le figure e le parti del discorso retorico. Ho cercato di far avvicinare il pubblico all’idea, più simile possibile, di quella che sarebbe stata una rappresentazione a Napoli o a Venezia nel 1725. Solo negli intermezzi comici di Domenico Sarro mi sono concesso una serie di trasgressioni, trattandosi di brevi brani satirici che commentavano in modo parodistico le situazioni del dramma serio, affrontando, però, fondamentalmente, temi di attualità: litigi fra gente di teatro, criteri del dramma, la moda del caffè o del tabacco, il tutto con un permanente retrogusto erotico. Ho ritenuto opportuno introdurre alcuni anacronismi e sfasamenti nel tempo, con l’intento di avvicinare a noi, e rendere maggiormente esplicite, certe storielle inerenti la situazione politica di allora, che sarebbero risultate del tutto incomprensibili al giorno d’oggi» – Gustavo Tambascio.