SCRITTURA E REGIA: RUGGERO CAPPUCCIO
durata: 1h 30m | Paese: Italia | Lingue: italiano
Teatro Bellini – 26-27-28/06/2009, 20:00
PRODUZIONE: TEATRO SEGRETO.
Le ultime sette parole di Caravaggio, scritto e diretto da Ruggero Cappuccio, indaga il mistero che circonda la morte di Caravaggio. Solo, malato e braccato dai suoi numerosi nemici, il pittore – interpretato da Claudio Di Palma – è colto nelle ultime ore di vita, mentre, su una spiaggia desolata del Sud Italia, traccia gli ultimi disegni e lascia la propria eredità estetica al suo servo Tropea, il cui personaggio è affidato a Lello Arena. In scena anche le “femminote”, sette donne – ispirate alle leggende e alle cronache dell’Italia meridionale – incaricate dal potere religioso e politico di uccidere il grande artista.
«La fine di Caravaggio rappresenta un tormentoso mistero nella ricostruzione della sua esistenza. Pier Paolo Pasolini disse che il montaggio è un po’ come la morte: finché un uomo non muore non si sa bene chi è stato. Ora alla vita di Michelangelo Merisi mancano gli ultimi fotogrammi, manca l’ultima scena. Il testo coglie il genio nell’ultima ora della sua vita. Accompagnato da un servo aiutante, Caravaggio sbarca su una terra ignota, provato nel corpo e nell’anima dalla persecuzione dello Stato Pontificio, dalla sete di vendetta dell’Ordine di Malta, dall’abbandono dei suoi protettori ed estimatori più fedeli. Nel profondo di Caravaggio deflagra una solitudine immensa, che lo fa muovere attraverso terre e rifugi come un animale ferito che tenta ogni giorno il rinvio dell’appuntamento con la morte. L’artista è braccato da sette donne soprannominate le femminote, una falange zingaresca di femmine siculo-calabre esperte di una vita criminale abbracciata per altrettanta disperazione. Inca- ricate dai poteri politici e religiosi di eliminare Caravaggio, esse si danno ad interpretare la parte dei suoi giuda, in cambio di un silenzioso oblio sui loro reati pregressi. Nell’ora definitiva della sua vita Caravaggio dipinge i suoi ultimi segni, intreccia con il suo servo e le sue assassine una sinfonia di parole crude e sognanti, traccia il suo testamento sprezzante in un sabba di suoni dell’antica lingua italiana parlata e diretta, dell’incalzante musica tagliente di parole napoletane, siciliane, acuminate a dire il cielo e l’inferno che circondano la solitudine dell’esistere e morire» – Ruggero Cappuccio.