DI: INMACULADA ALVEAR
REGIA: LUISMA SORIANO, MIKEL MARCOS
durata: 1h 30m | Paese: Spagna | Lingue: spagnolo (con sottotitoli in italiano)
Nuovo Teatro Nuovo – 25/06/2009, 21:00 – 26-27/06/2009, 22:30
PRODUZIONE: ARENA, TEATRO ATROZ.
Mi vida gira alrededor de 500 metros (La mia vita ruota intorno a 500 metri) è uno spettacolo – da un testo di Inmaculada Alvear che ha vinto nel 2004 il Premio Maria Teresa Léon per la drammaturgia – che si concentra sui complessi meccanismi emotivi (relazionali e individuali) che si innescano nelle vicende di violenza in famiglia, mostrati attraverso lo sguardo di una bambina di nove anni. L’allestimento, curato da Luisma Soriano e Mikel Marcos, si inserisce nel percorso di Teatro Atroz – fondato da Soriano con Fernando Ripoll – laboratorio di ricerca teatrale che propone progetti scenici di forte impatto emotivo e di riflessione sociale.
«Quando si affronta un testo come Mi vida gira alrededor de 500 metros occorre fare una scelta fra due letture molto diverse: o si entra nel dramma in termini di tragedia, come se fosse il destino a decidere i passi di quelle donne, dunque pensare attraverso la pro- spettiva di vittima-carnefice. O si può scegliere di approfondire le sfumature. Perchè possa esistere l’ombra è fondamentale la luce, almeno una fonte di luce: è da quel contrasto che nascono i volumi. Da qui nasce il rischio che ci assumiamo, dato che senza rischio non c’è viaggio e noi concepiamo ogni progetto teatrale come un viag- gio verso luoghi che ancora non abbiamo visitato. Dopo il nostro pro- cesso di ricerca in questi 500 metri siamo arrivati alla conclusione che solo mostrando il volo, sappiamo parlare della caduta. Parliamo dei miraggi e delle simulazioni di felicità, trovando in que- sto forzato consumismo la radice di ogni colpo – quelli che nasco- no dalle mani di lui, quelli che entrano nella pelle di lei. Per questo nella nostra messinscena ci sono anche ironia e humour; a partire da una risata pretendiamo di colpire non il cervello, ma il fegato… Come buffoni, dato che non c’è colpo più atroce di quello che can- cella un sorriso. Ci interessa più la maschera dei demoni che costruiscono discretamente inferni, pietra su pietra sulle nostre spalle, che l’architettura finale di quegli inferni.
Solo intendendo che siamo tutti vittime e carnefici, la stessa lama di diversi coltelli, che tutti siamo grandiosi e ridicoli allo stesso tempo, smetteremo di essere giudici per diventare spettatori e protagonisti liberi e completi» – Mikel Marcos.