Luigi Angelone
Master in Drammaturgia e cinematografia
Università degli Studi di Napoli Federico II
È andato scena il 9 e il 10 giugno al teatro Trianon-Viviani Il Silenzio grande, la commedia in due atti ideata Maurizio de Giovanni e diretta da Alessandro Gassmann, nell’ambito della dodicesima edizione del Napoli Teatro Festival Italia.
Protagonista della storia è Valerio Rimic (magistralmente interpretato da Massimiliano Gallo), un celebre scrittore costretto a misurarsi con difficoltà economiche impellenti e con la complessità dei rapporti familiari. Questi ultimi appaiono profondamente compromessi dal suo atteggiamento ritroso, assai restio ad ascoltare opinioni e discorsi che non rientrino nelle rigide sovrastrutture culturali del suo pensiero. L’imponente scenografia del suo studio si trasformerà improvvisamente nel teatro della sua disfatta.
Dalle due porte della stanza irrompono i membri della sua famiglia: la serva Bettina (ovvero Monica Nappo), che con il suo urticante pragmatismo tenterà di riportare Rimic fuori dai rigidi confini mentali e fisici in cui per troppo tempo si è rifugiato, la moglie Rose (Stefania Rocca) che gli comunica la sua decisione di vendere la casa per far fronte ai debiti contratti.
Il rapporto con i due figli rappresenta per Rimic il banco di prova più difficile, dovendo rimediare alla sua incapacità di concepire il ruolo genitoriale al di là del puro e semplice soddisfacimento dei bisogni materiali.
Il grande castello dei silenzi inizia a sgretolarsi davanti ai suoi occhi ed i mattoni che lo sostenevano, i suoi libri, i suoi preziosi riferimenti letterari, si sfalderanno in una miriade di fogli sparsi. Ma dalle sue macerie nascerà una nuova coscienza, un nuovo scenario di vita, più dimesso ma proprio per questo più umano.
Possiamo definire suggestivo e coinvolgente questo viaggio nei luoghi più intimi e inaccessibili della famiglia, dove passioni e incomprensioni si consumano, dove vissuti e modi di pensare si incontrano. È il grande silenzio delle occasioni mancate che prende forma. Ben riuscito l’intento di spingere lo spettatore a identificarsi nelle dinamiche e nelle problematiche qui rappresentate. Messa in scena, luci. recitazione e costumi contribuiscono ad aggiungere valore ad un’opera che guarda oltre le comode apparenze costruite, per sviscerare i limiti e le debolezze di una tipica famiglia italiana dell’altro secolo, dipinta con tratti realistici e attuali. Originalissimo l’apporto della computer grafica, con le elaborazioni video di Marco Schiavoni e apprezzabile l’uso delle musiche, che in alcuni passaggi del recitato sembrano accarezzare delicatamente le parole degli attori.
Da notare, inoltre, gli innesti di umorismo distribuiti un po’ a sprazzi nella narrazione, i quali regalano al pubblico momenti di piacevole ilarità. Quanto alle scenografie, appare particolarmente efficace la trovata dello specchio che riflette le spalle della cameriera, posto nel corridoio dietro la prima porta. Citazione dal dipinto Il bar delle folies-Bergère di Édouard Manet?